Che gli “stati generali” dei 5 stelle abbiano avuto al centro del dibattito politico il mantenimento/ superamento del secondo mandato da un lato e la permanenza al governo dall’altro per rimandare il più a lungo possibile l’incrocio con le urne era noto, credo, a tutti. Almeno a tutti coloro che non sono animati da particolari faziosità o da convenienze politiche momentanee.
Comunque sia, senza approfondire quale sarà l’epilogo di questa doppia sfida – anche se non è difficile saperlo per motivazioni umane del tutto comprensibili… – mi soffermo unicamente attorno ad un giudizio politico che campeggiava su alcuni grandi organi di informazione, a proposito degli “stati generali” di questo partito. Se Filippo Ceccarelli su Repubblica, in un articolo come sempre scherzoso e sarcastico, è arrivato addirittura a paragonare il confronto politico – sic….- nei 5 stelle con gli storici congressi della Democrazia Cristiana sostenendo la curiosa, nonchè singolare, tesi che la cultura della mediazione e la composizione degli organigrammi interni democristiani erano sostanzialmente simili al confronto misterioso che avviene lungo la rete dei capi penta stellati, il bravo Sorgi – che è un ottimo analista e commentatore – arriva a scrivere sulla Stampa che il ruolo e la funzione politica esercitata per anni da Carlo Donat-Cattin nella Dc era sostanzialmente simile a quello che oggi fa Luigi di Maio nel partito di Grillo.
Ora, tutti i giudizi e i confronti sono legittimi anche se opinabili. Ma questi paragoni arditi, al di là del merito, evidenziano un solo aspetto. O non si conosce la storia della Dc e il ruolo esercitato al suo interno da alcuni suoi statisti – a cominciare da Donat-Cattin per restare all’anacronistica analisi di Sorgi – oppure siamo davanti ad una singolare e sempre più misteriosa esaltazione della classe dirigente dei 5 stelle. Delle due l’una. Personalmente, e al netto della buona fede e dell’onestà intellettuale degli illustri commentatori di Stampa e Repubblica, credo che sotto sotto ci sia una semplice ragione che spiegano questi arditi ed inusitati paragoni. E cioè, la permanente ed irriducibile ostilità nei confronti del ruolo politico, culturale e pubblico giocato dalla Democrazia Cristiana nell’arco della sua esperienza cinquantennale e, nello specifico, di alcuni dei suoi principali leader. A volte è tutto molto più semplice di quel che appare. E di quello che si scrive.