Ma saranno mica gli organigrammi, le poltrone, il potere e le sfrenate ambizioni personali dei singoli la soluzione definitiva a questa misteriosa crisi di governo? Il sospetto comincia a serpeggiare pericolosamente. E questo non solo perchè il piccolo partitino personale di Renzi, la cosiddetta Italia Viva, abbia come unico ed esclusivo obiettivo la ricerca e il consolidamento di potere. Cioè di posti. Del resto, un partitino personale che è nato con una spregiudicata operazione trasformistica e dettata unicamente dall’opportunismo e dalle continue giravolte del suo capo, è del tutto naturale che sia e rappresenti una continua instabilità all’interno della coalizione di cui fa momentaneamente parte. Sotto questo versante, è sufficiente scorrere l’ormai lunga biografia del fondatore e capo di Italia Viva per rendersi conto che affidabilità politica e coerenza politica e programmatica non appartengono al bagaglio di questo gruppo parlamentare.
Ma, al di là di questa considerazione ormai sotto gli occhi di tutti, quello che sconcerta ormai sempre di più larghi settori della pubblica opinione italiana, è la drammatica distanza della politica e di questa interminabile guerra di potere dalle domande, dalle istanze e soprattutto dalle preoccupazioni che attraversano i cittadini del nostro paese in questa precisa fase storica. Al riguardo, cominciano a fioccare le richieste di ministeri, di sottosegretariati, di incarichi di sottogoverno e i mille appetiti di singoli sempre più bramosi di potere.
Ora, una sola domanda, visto che siamo uomini di mondo. Ma ci vuol molto a capire che di fronte ad una dissociazione sempre più radicale tra il reale e il virtuale, tra il palazzo e i cittadini, tra la politica e il paese, tra le istituzioni e la società civile nelle sue multiformi espressioni – soprattutto in una fase drammatica come quella che stiamo vivendo – il rischio è quello, da un lato di alimentare il disinteresse e l’apatia nei confronti del “pubblico” e, dall’altro, di creare le condizioni per l’arrivo, prima o poi, di un “uomo forte” o di un “potere che decide”?. Ci vuol molto a capire che una lunga ed estenuante discussione sul potere e sugli incarichi da distribuire ai singoli affamati di prebende, in un contesto ancora dominato dalla pandemia, non produce altro che disinteresse e distacco verso tutto ciò che è riconducibile alla politica e alle istituzioni? In ultima analisi, a rischio è la qualità della nostra democrazia e la stessa credibilità del nostro sistema democratico. Ci vuole veramente molto per capirlo?