Tra le cose più divertenti e simpatiche di questa surreale e grave crisi di governo c’è il confronto tra i renziani – o i dipendenti, a seconda dei punti di vista – di Italia Viva e i gli ex turbo renziani, almeno così dicono, presenti tuttora nel Pd. Da Marcucci a Guerini, da Fassino a Del Rio. Il filo rosso che li accomuna è la continua ed ostentata – malgrado ciò che sta capitando sotto gli occhi di tutti gli italiani lasciandoci semplicemente basiti per i comportanti irresponsabili e destabilizzanti del rottamatore fiorentino – stima nei confronti del loro ”capo” o ex “capo”. Passato o presente poco cambia.
Del resto, lo si deve ammettere, anche se spiace ammetterlo. Quando in politica ci si riconosce in un capo e non in un leader, si hanno di norma atteggiamenti o servili, o di grande apprezzamento o di mera subalternità. E, sempre di norma, non emerge quasi mai la forza di contestare apertamente quel capo quando non si condivide ciò che dice e ciò che predica. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti proprio in questi giorni. Malgrado aver provocato questa paradossale crisi di governo gettando l’intero paese in un caos politico ed istituzionale devastante per tutti i cittadini, non mancano affatto gli apprezzamenti del “capo” di ieri o di oggi e, addirittura, la eventuale necessità di riallacciare un rapporto e un confronto politico con il loro prediletto di riferimento. Pare una barzelletta, invece è proprio così. È appena sufficiente leggere le varie interviste dei renziani in servizio effettivo in Italia Viva e degli ex renziani, per il momento ancora pentiti nel Pd, per rendersene conto.
Ma, accanto a questa curiosità, che non stupisce affatto gli addetti ai lavori, c’è un altro elemento che, invece, può emergere definitivamente e finalmente da questa surreale di governo. Per la verità se ne parla da tempo ma adesso può decollare. Mi riferisco ad una definizione e ad un consolidamento politico ed organizzativo del cosiddetto “partito di centro”. O meglio, di “una politica di centro”. Superando, finalmente, quella polverizzazione e quella frammentazione politica e di sigle che ancora sino a qualche mese fa imperava in quest’area politica. Una frammentazione che ha generato, e che genererebbe, solo e soltanto fallimenti politici ed elettorali, come l’esperienza politica ha ampiamente confermato in questi ultimi anni. Uno spazio che adesso si intravede, al di là degli escamotage e degli equilibrismi della politica italiana. Del resto, di una “politica di centro” il sistema politico italiano ne ha estremamente bisogno. Uno spazio e un’area politica, culturale, sociale e di governo, ovviamente plurale, che sappia essere punto di riferimento per una politica sinceramente riformista, democratica e che sappia dispiegare una vera cultura di governo. E questo al di là di come sarà risolta questa paradossale crisi di governo provocata da un atteggiamento irresponsabile del capo di Italia Viva.
Ecco, due elementi, tra i tanti, che emergono da questa incredibile e surreale crisi di governo. L’uno, quello dei renziani autentici e pentiti, divertente e simpatico anche se politicamente miserevole. L’altro, quello del decollo di un’area di centro e di una politica di centro, politicamente rilevante e di qualità. A volte, anche dai momenti più spericolati e dagli snodi più impensabili della vicenda politica, possono partire processi destinati a cambiare in profondità gli stessi equilibri politici nazionali e locali.