Abbiamo letto con simpatia ed affetto l’intervista al prof. Nino Luciani sul Corriere della Sera. Abbiamo appreso, non senza curiosità, che sono attualmente ben “8 le Dc in campo” mentre non sappiamo, a tutt’oggi, quanti sono i partiti, i movimenti e le liste che hanno – o meglio, ambiscono ad avere – un ruolo politico nazionale riconducibile al patrimonio della Dc. I bene informati dicono che sfiorano, attualmente, il centinaio. Ma il numero è in costante crescita perchè da queste parti i partiti, i movimenti e le liste crescono come i funghi in autunno. Per poi, altrettanto puntualmente, scomparire a vantaggio di altri partiti che nascono e via discorrendo. Insomma, una giostra continua da dopolavoristi e da amanti della specialità.
Ora, però, e per parlare di cose serie e al netto, comunque sia, della buona volontà, della passione e del disinteresse con cui molti amici danno vita ininterrottamente a nuove esperienze politiche ed organizzative riconducibili seppur vagamente alla Dc, forse è arrivato anche il momento per mettere un punto e a capo. E questo per una semplicissima ragione, al di là delle concrete vicende politiche e della dinamiche che determinano gli stessi processi politici nel nostro paese. E la ragione è questa. Non si può continuare a ridicolizzare un passato politico glorioso ed importante e, soprattutto, non si può dissipare un patrimonio politico, culturale, programmatico e di governo con dispute e diatribe che francamente rasentano il grottesco.
Questo vuol dire alzare una cesura netta con il passato e, nello specifico, con la “nostra” cultura di riferimento, cioè il cattolicesimo popolare e il cattolicesimo sociale? Ovviamente no. Anzi, al contrario, se vogliamo ridargli nobiltà e una reale agibilità nella cittadella politica contemporanea, la storica esperienza democratico cristiana non può continuare ad essere bistrattata e forse anche un po’ ridicolizzata agli occhi di coloro che, senza pregiudiziali e preconcetti moralistici e di costume – che allignano purtroppo ancora in molti settori della sinistra italiana e nei luoghi del populismo demagogico e qualunquista nostrano – continuano a vedere proprio in quella storica esperienza politica un luogo da cui continuare ad attingere per il futuro. Ovvero, un giacimento di valori, di principi, di cultura di governo e di concreta esperienza politica e culturale.
Ecco perchè anche quando si parla ancora, o con rimpianto o con riconoscenza o legittimamente in chiave critica, della Democrazia Cristiana lo si deve fare però “guardando avanti” come ci invitava sempre a fare Franco Marini. Senza regressione nostalgica o tentazioni passatiste ma, semmai, con la consapevolezza che proprio a quella fonte è ancora possibile attingere per il prosieguo della nostra attività politica o istituzionale o culturale. Ma senza, al contempo, esporla a goliardiche ricostruzioni o a improponibili se non grottesche riproposizioni.
Facciamolo anche e soprattutto per il ruolo storico e politico ricoperto dalla Democrazia Cristiana italiana nel nostro paese e nell’intera Europa.