Pubblichiamo per gentile concessione il testo integrale dell’articolo – una critica ragionata che stimola l’autocritica dei cristiani attorno al fenomeno della festa di Halloween – apparso nell’edizione del 30 ottobre del giornale ufficioso della Santa Sede.
Ci siamo. Nelle sacrestie, nei corridoi parrocchiali e sui “catto-social” tutto è pronto per una delle sfide più attese dell’anno: Halloween. Non ho alcun ricordo dell’infanzia legato ad Halloween: non se ne parlava, ed era questa strana cosa che vedevi nei film americani. Lo confesso: quando ero adolescente all’oratorio del paese abbiamo fatto una cosa che più o meno poteva ricordare Halloween. Ma non credo fossimo gli unici: negli anni Novanta, in modo abbastanza ingenuo e senza grosso impegno ideologico, non era raro che si organizzasse un gioco in oratorio a tema “horror”, e a seguire riflessione del “don” sui santi e i defunti. La cosa si è diffusa e si è iniziato a fare qualche pensiero, prendendo atto che effettivamente i legami tra ciò che si festeggia nella solennità di Ognissanti e ad Halloween sono praticamente pari a zero.
Gli argomenti sull’inopportunità di festeggiare Halloween per i cristiani sono molti: dai più culturali (non sarebbe una festa legata alle radici della nostra cristianissima civiltà) ai più teologici (ci sarebbe una visione della morte non compatibile con quella cristiana), fino a quelli esorcistici (meglio non scherzare con fantasmi, streghe e demoni). Eppure è sorprendente come, in pochi anni, questa festa proveniente da oltreoceano abbia riscosso successo. Ma mi domando: i bambinetti che verranno a suonare al campanello vestiti da streghette o mostriciattoli, accompagnati da genitori che indossano un imbarazzante cappello da stregoni e che non vedono l’ora di tornare a casa, davvero stanno celebrando il tramonto della cristianità, l’occulto e lo spiritismo?
Il sociologo Renaud Zeebroek sostiene che il ruolo degli elementi occulti che sarebbero evocati nella festa di Halloween «appare simile a quello dello schermo che maschera l’illusionista per i pochi secondi necessari al suo cambio di personaggio»: in realtà si tratterebbe solo di un pretesto per fare festa, per consentire ai bambini di fare qualcosa di aggregante e originale e ai ventenni di passare una notte in cui concedersi qualche eccesso.
Insomma, diciamoci la verità: il problema ufficiale (e reale, ci mancherebbe!) è che Halloween presenta elementi dottrinali dubbi e problematici. Ma il problema più grande è un altro: questa squadra di festaioli ci sta dicendo che trova molto più interessante vestirsi da mostriciattoli che celebrare tutti i santi e commemorare i defunti. Qui la questione si fa seria. Pastoralmente e teologicamente. Fino a quando avevamo il monopolio dell’intrattenimento giovanile nei paesi, facevamo le mega-pizzate, i super-fantasmagorici giochi, le iper-gite come esche e poi cinque minuti di preghiera finale, sperando che restasse qualcosa; e comunque sapevi che il giorno dopo (un po’ per convinzione e un po’ per inerzia) sarebbero venuti in chiesa. Questi ci hanno presi in parola, solo che hanno trovato posti che non gli chiedono nemmeno di sopportare i cinque minuti finali di preghiera, e se fanno la “serata discoteca” non hanno il mixer pre-diluviano dell’oratorio con l’impianto luci fatto dal “Peppino” (sacrista, idraulico, elettricista, barista e addetto alla grigliata parrocchiale, perché in tutte le parrocchie c’è un “Peppino”), ma tecnologie all’avanguardia e professionisti dell’intrattenimento.
Ok, siamo tutti d’accordo: Halloween è incompatibile con il cristianesimo. Se vogliamo ripetercelo va bene, e se ci fa sentire paladini della fede ribadirlo su internet va benissimo, non c’è nulla di male. Ma dovremmo affrontare poi il problema: quali alternative a una pastorale giovanile “in due tempi”, ossia aggregazione mediante proposte di intrattenimento e a seguire piccole pillole di preghiera o di pensiero cristiano? Perché, se fosse così, la sfida l’abbiamo già persa in partenza. E come fare a mostrare un volto non noioso e celebrabile di santità da parte di un bambino, di un adolescente e di un giovane?