Luigi Rapisarda
Che non fosse facile il processo di dismissione di quell’ habitus mentale ancorato ad un triste passato, per tanti italiani assai lacerante, non era difficile prevederlo. Eppure, all’inizio di questa avventura governativa di FdI, in tanti avevamo preso per buone le rassicurazioni che discendevano dal giuramento di fedeltà e rispetto della nostra Carta Costituzionale, nata e forgiata dopo l’eroica lotta di liberazione dal fascismo. La convergente offensiva di questi giorni, tesa a riscrivere la storia del periodo più tragico che ha contato tante vittime ed eroi della resistenza antifascista, ci rende il segno di quanto sia ancora difficile, per la forza politica che guida il governo, fare i conti con il suo passato.
Così non poco è stato lo sconcerto che hanno suscitato le dichiarazioni, succedutisi nel giro d’una settimana, della premier Meloni e del presidente del Senato La Russa, sembrando quasi che facessero a gara nell’ intestarsi per primo la disinvolta riscrittura della nostra storia patria. È stata come una palese dissacrazione, nel bel mezzo di una commemorazione in ricordo delle fosse ardeatine, andare inopinatamente ad affermare che le vittime di quell’eccidio pagarono “perché italiani”.
Un dato inaccettabile come è stato largamente contestato da media, opinione pubblica, ed associazioni partigiane, che rivela il tentativo di manipolare un peculiarità inconfutabile, dato che quella rappresaglia fu diretta con feroce determinazione contro ebrei e noti e presunti oppositori del regime fascista.
A distanza di una settimana, anche il presidente del Senato, La Russa, seconda carica dello Stato, non ha mancato di esibirsi in un altra delle sue tesi storiche, affermando, con nonchalance, che le vittime dell’attentato di via Rasella erano una banda musicale di semi pensionati altoatesini, manipolando una ricostruzione storica, da tempo acclarata, che quei militi di via Rasella erano invece nazisti, di età media ben al di sotto dell’età pensionabile, appartenenti alle forze di polizia della brigata Bozen( un coro unanime di critiche, lo ha indotto nel giro di qualche giorno a chiedere “scusa”).
Ad essi hanno fatto da corollario precedenti affermazioni del ministro della cultura Sangiuliano, secondo il quale Dante sarebbe stato il fondatore della cultura di destra. O la recente dell’on Rampelli che si prefigge di bandire, dall’uso quotidiano della nostra lingua, prevedendo multe salate, ogni ricorso a idiomi stranieri. Insomma tutto un fantasioso florilegio convergente nel tentativo di accreditare un revisionismo che non trova fondamento in nessuna delle ricostruzioni storiche degli eventi di quel tormentato periodo della resistenza i cui valori di libertà, di democrazia, di solidarietà e di convivenza pacifica, furono la base e il fondamento antifascista della nostra Carta costituzionale.
Quanto poi all’attribuzione di simpatie politiche sussumibili a quella che oggi può caratterizzare una forza di destra, attribuite a Dante, lascia davvero sorridere. Viene allora da chiedersi quanto il capo del governo e il presidente del Senato, trovino utile proiettare nella dialettica politica, già colma di tanti problemi irrisolti, argomenti tendenziosi e divisivi, basati su falsificazioni inaccettabili. Così come ci chiediamo fino a che punto dobbiamo attenderci attacchi persino tanto maldestri ai tanti episodi dolorosi della nostra resistenza nel tentativo di demolire verità storiche inconfutabili? Ben altre dovrebbero essere le preoccupazioni del governo e di chi presiede il Senato.
Tra le tante, molto allarme hanno suscitato le dichiarazioni di qualche giorno fa del ministro Fitto su l’impossibilità di poter raggiungere gli obiettivi che servono per poter ricevere tutte le tranche semestrali del Pnrr. Sarebbe non solo uno smacco alla credibilità del nostro paese se non si riuscissero a mantenere gli impegni, ma ancor più un danno incalcolabile mandare in fumo quell‘unica opportunità di contare sul poderoso piano di finanziamenti, denominato Next generation Ue, che ha riservato all’Italia circa 208 miliardi di Euro, di cui a debito solo un terzo, portati a casa dal premier Conte, con l’unica condizione del puntuale rispetto della tabella di adempimenti infrastrutturali e ordinamentali entro il 2026. E la stessa linea del governo mostra visibili ondeggiamenti e sempre minore capacità di sintonia, se mai ce ne fosse stata con le Istituzioni europee: eppure ogni volta che si reca ai summit dell’Ue dice di ritenersi soddisfatta, ma non sono pochi a non aver capito di cosa, dato che finora non si sono visti passi avanti, anzi siamo sotto il focus dei commissari per il forte ritardo rispetto agli adempimenti periodici del Pnrr.
Mentre appare sempre più marginale la disponibilità ad interloquire fattivamente con le Istituzioni territoriali e le rappresentanze del mondo produttivo: per questi ultimi tanto più cruciale è ritenuta l’attuazione di quelle infrastrutture strategiche e di tutte le riforme essenziali concordate nel Recovery plan – purtroppo buona parte di esse ancora incagliate tra burocrazie e inadeguatezza dei piani elaborati – per la migliore competitività nei mercati. È in questo scenario che ci appare inevitabile, anche come naturale declinazione di un bipolarismo, se pure assai atipico, la formazione di uno “Shadow cabinet” un governo ombra, nello stile del parlamento del Regno Unito.
Peraltro non sarebbe la prima volta. Ricordiamo l’effimero governo ombra di Veltroni, dopo la formazione del IV governo Berlusconi. Struttura, ovviamente senza valenza giuridico-istituzionale (oltre alle normali tutele che una forza di opposizione può pretendere, secondo i regolamenti parlamentari) ma solo politica, che però favorirebbe finalmente la concentrazione delle forze di opposizione in una coalizione rappresentativa di un diverso ed alternativo progetto politico, con cui contrastare quotidianamente l’azione dell’esecutivo. Forse l’occasione, unica, per superare, in una ritrovata unità di visione con un progetto comune, le non identiche posizioni in tanti aspetti di questa cruciale fase politica del paese, a cominciare dal Mes (propiziato dal Pd e da Renzi, ma non dai 5 Stelle),dal diverso atteggiamento nei confronti del ruolo e delle politiche dell’Unione europea, ed in tanti altri versanti che attengono alle proposte messe in campo da ciascuno dei partiti della sinistra e dal cosiddetto terzo polo.
Insomma invece di disperdersi in iniziative autonome, sarebbe una grande opportunità per presentare un’alternativa programmatica comune, a tutto campo, sulle realtà socio economiche e sanitarie che stanno impegnando le politiche in questa fase di cruciale attuazione del Pnrr, sbilanciato da una imprevista e pesante congiuntura globale, con il vantaggio non solo di poter contrastare punto per punto, con dati e soluzioni concrete l’azione di ciascun ministero e dell’intero governo, ma anche, per l’occasione, di affidare al paese un diverso e alternativo progetto politico per affrontare la lunga e impegnativa stagione di ricostruzione del suo tessuto economico sociale e civile ed offrirsi come credibile mediazione di istanze che potrebbero diversamente incanalarsi su derive di incontrollabile ribellismo sociale.
Oltre ad evitare alle forze di opposizione la sconveniente percezione, in un momento così difficile, di parlare a più voci, rendendo il contesto ancora più incomprensibile.Insomma persistere in divisioni autolesioniste non appare certo il miglior modo per dare incisività ed efficacia al delicatissimo ruolo che ha istituzionalmente l’opposizione parlamentare, presidio di alternative politiche, tanto più serie e credibili, quanto più condotte in piena sintonia di visione. È quell’Italia che guarda avanti verso orizzonti di sviluppo equo e sostenibile, accogliente e solidale, già piegata da una disastrosa e persistente calamita’ epidemiologica, dagli effetti economici devastanti, e con in corso una pesante inflazione e una minacciosa recessione, esposta al dominio di una maggioranza rimasta incagliata più al passato che al presente, per questo incapace di costruire un futuro credibile nel pieno rispetto delle libertà e dei diritti, della solidarietà e dell’equità e della giustizia sociale, che si attende un atto di responsabilità politica che porti a convergere verso un’opposizione seriamente unitaria.