In principio ci fu il Silvio Berlusconi imprenditore di successo, poi venne il politico ma sempre diversamente navigato imprenditore. Esperto di marketing, con la discesa in campo del 1994 lanciò il brand “Forza Italia”, il partito-azienda destinato a conquistare una larga fetta del mercato politico orfano del pentapartito e antagonista della sinistra. Numeri alla mano e consapevole che non bastava, assemblò spregiudicatamente una aggregazione capace di intercettare quei segmenti di consensi che il suo partito liberal-moderato non poteva ottenere. Aggiunse al valore preminente del suo partito, quei pesi marginalmente utili al fine di ottenere la maggioranza necessaria per un governo. Nonostante l’evidente enorme conflitto di interessi, l’operazione fu ripagata da ampio consenso che gli permise di massimizzare il valore di se e del suo progetto per i decenni a venire. Dei suoi vizi e furbizie matricolate si può scrivere un’enciclopedia ma aver compreso il valore aggiunto che offre una coalizione nei sistemi maggioritari, è stato sicuramente un merito. Anche nella creazione del suo impero economico ha puntato sulla forza di un gruppo di persone, ormai note, capaci e fedeli; e dove ci sono ricchi utili ci devono essere lauti dividendi per tutti e in questo Berlusconi è stato cospicuamente generoso con chiunque si sia alleato con lui anche solo per l’affare utile al momento.
La coalizione è stata il “patrimonio” che ha gestito e difeso strenuamente anche a scapito del suo partito nell’ottica di salvaguardare il “gruppo”, ove per Forza Italia (cioè lui) ha ritagliato il ruolo di holding, titolare della golden share che esercitava negli snodi complicati.
Anche per le opposizioni era l’interlocutore nelle situazioni istituzionali complesse. Ha mantenuto il “patrimonio” che gli ha consentito di mantenere il potere nonostante i cali elettorali, gli scandali e i contenziosi con la giustizia. Una capacità evidenziata da Marco Tarquinio dalle pagine di Avvenire: “Già la coalizione, l’altro capolavoro del Cavaliere. Capace di mettere insieme e di amalgamare a partire dal 1993-94 pezzi a lungo incomponibili della politica e dell’elettorato del Bel Paese. Di fonderli nella percezione di tanti italiani (negli ultimi tre turni elettorali nazionali, milioni di voti si sono spostati nell’area, travasandosi dall’uno all’altro dei partiti alleati in un centrodestra diventato infine destra–centro) e sulla spinta di slogan spesso radicali e di una propensione alla contrapposizione frontale con gli avversari di turno. Un capovolgimento di senso (di marcia, e non solo), se si ripensa all’operazione compiuta da chi, all’alba della Repubblica, aveva accompagnato una generazione di italiani cresciuta sotto il fascismo a radicarsi nella nuova e piena democrazia repubblicana…”.
Dopo il lutto e il clamore, cosa succederà per la coalizione e gli avversari? La scomparsa ovviamente apre la discussione sugli scenari politici italiani ed europei perché Forza Italia è il riferimento del Ppe per le elezioni del 2024. La famiglia Berlusconi e i principali dirigenti del partito possono rinunciare a questo patrimonio? Possibile vi siano dirigenti tentati dalla fuga verso FdI temendo il tracollo, ma è ragionevole ritenere che la premier Meloni non abbia interesse ad alimentare tensioni che potrebbero ripercuotersi sul governo. Ed è plausibile valutare che la famiglia Berlusconi cercherà di mantenere il controllo della holding (Forza Italia) magari con una candidatura alla leadership di qualcuno della dinastia o delle persone di stretta fiducia. Almeno questo sino alle elezioni europee, poi i risultati e i movimenti sociali e politici – prevedibili e imprevedibili – potrebbero aprire nuovi corsi storici.