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Congresso di Bari (1944), il discorso di Rodinò in rappresentanza della Dc.

Il 28-29 gennaio 1944 si svolse al teatro Piccinni la prima libera assemblea in un lembo di Europa liberata. Dopo l’introduzione di Benedetto Croce, prese la parola uno dei fondatori del Ppi e della Dc.

In questa magnifica riunione, prima riunione dell’Italia, della Italia nostra, dell’Italia libera, ho domandato la parola per rendere omaggio, sicuro di interpretare il pensiero non solo di quanti siamo qui riuniti, ma il pensiero di tutti gli italiani, a questo magnifico vecchio il quale onora l’Italia, onora l’Europa, e la cui fama durerà anche al di là della sua vita mortale; il quale ha visto la sua casa, centro di amore e di bontà, centro di studi, l’ha vista devastata, ha visto i libri nei quali stava tutta la sua dottrina e tutta la sua meditazione, li ha visti dispersi da una masnada in camicia nera, e nel suo discorso magnifico, che risponde al sentimento di noi tutti, ci ha fatto rivivere in un ampio panorama tutte le infamie passate. 

Nel nome sacro della storia, nel nome sacro della immortalità, io credente – che credo che Giovanni Amendola, Matteotti, don Minzoni, uomini di fede religiosa e di fede politica, sono ora nella pace di Dio – e voi tutti, siamo unanimi nel tributare a loro ed a tante altre vittime della tirannide infame tutta la espressione del nostro compianto, tutta l’espressione della nostra ammirazione. 

E questo per quelli che sono di là, nella pace di Dio. Ma pensate, o signori, o amici, o fratelli, a quanti sono ancora vivi fra noi: come l’on. Zaniboni, medaglia d’oro, rispettato alla Camera da tutti i partiti – dai conservatori, dai popolari, dai liberali – perchè ammiravano in lui la fede nelle sue idee. Amici, valga questo anche per il nostro lavoro, qui, dove le fedi non devono dividere, quando sono nobilmente sentite e quando non tendono ad interessi particolari, ma mirano unicamente con entusiasmo, alla realizzazione delle proprie idee.

È stato il discorso di Benedetto Croce un discorso magnifico, anche perché è stato un inno agli Alleati; egli ha detto una frase, che non so se sia da tutti compresa profondamente. Ma io, che ho vissuto nella mia città dove abbiamo avuto 130 bombardamenti, vorrei che invece della mia voce piccola e modesta, un’altra voce più grande giungesse alla libera America, alla libera Inghilterra ed alla Russia. E dicesse che in quei momenti terribili – tra il fragore delle bombe, col pensiero dei cari lontani, col pensiero che uscendo dai ricoveri avremmo visto le nostre case, il nostro santuario dove sono nati i figli nostri distrutto – dalle madri tremanti per i loro figli, dalle spose tremanti per i loro mariti non si levava un pensiero di odio e di vendetta contro coloro che per fatale necessità di guerra dovevano usare mezzi adatti a vincere la guerra; ma si levava un sentimento di odio represso contro quelli che ci opprimevano dimenticando il passato, dimenticando i martiri del Risorgimento, dimenticando i nostri soldati, quelli dell’altra guerra e quelli di questa guerra, più sventurati questi di quelli (perchè tu sai, o Zaniboni, che nell’altra guerra i soldati morivano, ma morivano per un ideale di libertà, morivano per vedere l’Italia ricongiunta alle terre irredente, di cui da Matteo Renato Imbriani a Barzilai i migliori italiani sostennero sempre le ragioni per le quali dovevano essere unite all’Italia nostra); ma questi poveri morti, questi poveri soldati sono dovuti morire giovani di anni, nell’entusiasmo della vita, nel rigoglio delle loro forze, e sono andati a morire per tentare di rafforzare due regimi, il tedesco e l’italiano del passato, due regimi fondati sulla frode e sulla violenza. 

A questi soldati, a questi poveri fanti che sono andati a morire nell’adempimento del loro dovere formale ma in contrasto col loro intimo sentimento vada il nostro pensiero grato e riconoscente. E vada pure il nostro pensiero alla marina italiana, la quale, se avesse ubbidito a certi rimasugli del fascismo, sarebbe andata ad ingrossare le forze dell’ormai cadente Germania ed avrebbe fatto irreparabile danno alla patria nostra. È con questi sentimenti, amici, che io mi auguro che il nostro Congresso riesca solenne affermazione di libertà, senza squilibri, senza violenze, essendo tutti uniti in un solo sentimento che superi qualunque idea di qualunque partito, per il bene e la salvezza della Patria. (Vivissime acclamazioni)

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