Caro direttore, non sia stupito dell’apparente bizzarria che mi porta ad accostare la Schlein a Buttiglione, né le sia pregiudizialmente ostica la sollecitazione che ne deriva per la figura di Castagnetti. È un intreccio che esige fantasia – forse troppa – ma sommersi come siamo da un mare di oggettività, per dirla con lo scrittore siciliano Andrea Apollonio, il fattore sorpresa ci attrae.
Da quando Elly Schlein ha preso le redini del Pd, un’inquietudine incontrollabile ha pervaso l’animo dei cattolici – meglio se definiti democratici per diversità dai cattolici conservatori – che ancora militano nel partito. Ed è Castagnetti, in primis, che si fa portavoce di questo sentimento che la stampa di opinione collega a un disagio pervasivo.
Eppure, sempre Castagnetti esorta a non cedere alla tentazione della rottura. Uscire dal Pd, come ha fatto il più sanguigno Fioroni all’indomani dell’investitura della Schlein, non sarebbe la soluzione. La sfida è quella di combattere – ripete ad ogni intervista – la “giusta battaglia” all’interno del partito, anche se gli spazi di manovra, a detta di tutti, si sono notevolmente ristretti.
Nel frattempo, costretta a parlare, la Schlein si destreggia tra garbo e fermezza. Da un lato rassicura, riconoscendo il valore e la storia dei cattolici all’interno del Pd; dall’altro ribadisce con forza la necessità di un ritorno alle radici della sinistra, per recuperare quell’anima “radicale” che si è persa negli anni.
In un certo senso, la Schlein sta compiendo nel Pd un’operazione paragonabile nelle forme e nelle intenzioni – non certo nell’oggetto – a quella che Buttiglione tentò di realizzare nel Ppi: e cioè, una riforma del partito in nome della fedeltà a valori che la prassi avrebbe offuscato. Pur nella differenza di circostanze e prospettive, prima l’uno poi l’altra hanno imboccato la strada dell’integralismo come ultima risorsa dell’ideologia. Il cattolico ciellino, come si sa, dovette cedere, mentre la “radicale” Schlein, per quanto è dato di capire, a cedere non ci pensa affatto. Appare tuttora con la spada di luce di un integralismo che gli eredi di Togliatti potrebbero riconoscere come vocazione estremistica ed infantile.
Il problema è che i “cattolici del Pd” non si dimostrano capaci di rimettere in campo la fermezza dei gesti con cui, in passato, lo stesso Castagnetti e altri popolari illustri (i Bianco, i Bodrato, i Marini, ecc.) si opposero a Buttiglione. Prevale un dissenso sdegnoso ma garbato, che non riesce ad incidere realmente sulla poltica del Nazareno.
Castagnetti, in particolare, sembra aver perso la combattività di un tempo. Incapace di riconoscere nella Schlein l’errore integralistico che fece deragliare il Ppi, si limita a deprecare l’esaurimento della linfa vitale del fu “partito unico dei riformisti”.
Caro direttore, in questo scenario incerto il futuro dei cattolici democratici, fedeli tout malgré al Pd, rimane alquanto nebuloso. In periferia l’uscita dai ranghi è già in atto, silenziosa e inesorabile. Forse è giunto il momento di ammettere che la “crisi” non si risolve aspettando che la Schlein cada, perché la novità introdotta dalla sua gestione, ovvero il mito di un ritorno alla purezza della sinistra, difficilmente potrà cadere. Chi può fermare questa deriva?
Mi congedo, direttore, con questo interrogativo ringraziandola anticipatamente per l’ospitalità sul suo giornale, sponda preziosa, devo dire, per tutti noi indomiti popolari.