A che serve un Centro non inclusivo?

È evidente che non possono essere singoli partiti personali e guidati da un capo indiscusso ed indiscutibile gli strumenti più idonei per declinare concretamente, ed efficacemente, un luogo politico centrista.

Diciamoci la verità. Del Centro, nel nostro paese se ne parlerà ancora a lungo per la semplice motivazione che in Italia storicamente si governa “dal centro” e “al centro”. E, di conseguenza, anche chi teorizza o pratica la radicalizzazione del conflitto politico, se approda al Governo è costretto, piaccia o non piaccia, a coltivare – seppur maldestramente – una ‘politica di centro’.

Per questi motivi quando si parla del Centro, o di un partito di Centro, il dibattito non è destinato a cadere. E adesso, seppur all’interno di una cornice ancora caratterizzata da un forte impianto bipolare, la domanda di Centro è più forte del passato. Anche solo di un passato recente. Ma questo luogo politico, pur senza rimpiangere nostalgicamente il passato, deve rispondere ad alcuni ingredienti di fondo che, del resto, sono emersi in modo palese anche dal recente voto in Sardegna e, con più evidenza, in Abruzzo. Ed è un trend destinato a rafforzarsi anche in vista delle prossime elezioni europee.

Gli ingredienti di fondo di quest’area politica sono sempre quelli che hanno caratterizzato per svariati decenni la cosiddetta “politica di centro”. E cioè, cultura di governo, capacità inclusiva, leadership diffusa, cifra riformista, disponibilità al confronto e al dialogo, rifiuto della radicalizzazione, cultura della mediazione, senso dello Stato e cultura delle alleanze. Ingredienti che, collegati insieme in modo virtuoso e dinamico, contribuiscono a consolidare un vero e proprio progetto politico di Centro.

Ora, è altresì evidente che non possono essere singoli partiti personali e guidati da un capo indiscusso ed indiscutibile gli strumenti più idonei per declinare concretamente, ed efficacemente, un luogo politico centrista. Perché, appunto, l’area centrista è credibile solo se è inclusiva e se, al contempo, non radicalizza il confronto con gli altri attori politici. Al riguardo, è abbastanza facile spiegare il trend positivo, seppur non inarrestabile, di Forza Italia alle ultime elezioni regionali e la continua caduta – o meglio il non decollo – dei partiti di Renzi da un lato e di Calenda dall’altro. E la ragione di fondo risiede anche e soprattutto nel nuovo corso di Forza Italia e di chi la guida in questa fase politica, ovvero Antonio Tajani.

Insomma, senza scomodare pesanti ricognizioni politologiche e senza avventurarsi in mille analisi del voto, le ragioni di questo trend stavolta sono tutte politiche e quindi abbastanza facili da decifrare. E cioè, per poter ricostruire – o costruire – una vera area centrista nel nostro paese, anche in un sistema bipolare e maggioritario, sono necessari indubbiamente il progetto politico ma anche, e soprattutto, uno “stile” politico e un “metodo” di comportamento che sono alternativi al populismo anti politico e demagogico, al massimalismo radicale ed estremista e al sovranismo oltranzista.

Ecco perché, e mai come in questo momento, “cultura del progetto” e “cultura del comportamento” saranno fortemente intrecciati se si vuol nuovamente dispiegare una credibile ‘politica di centro’ nel nostro paese.