La scomparsa di Alberto Monaci – un amico carissimo – segna una grave perdita per il cattolicesimo democratico. In particolare è motivo di cordoglio, giustamente, per la comunità senese e toscana. Alberto è stato un valido dirigente di partito e un vero servitore delle istituzioni, sempre devoto ai suoi principi e ai suoi ideali. Alla luce dei fatti, rifulge davanti a noi la fede che lo ha guidato nella sapiente apertura al bene della collettività.
Ha esercitato ruoli di assoluto rilievo, fino ad essere eletto alla Camera dei Deputati, anzitutto conservando nella specifica proiezione pubblica le stigmate della sua formazione di militante dc. Giova infatti chiarire bene che nella diaspora post-democristiana – dal Ppi alla Margherita, e poi al Pd – egli certamente ha brillato per fedeltà a un sentimento politico coltivato fin dalla giovanile età.
Profondamente legato alle sue radici senesi, incarnava la figura del “cristiano nel mondo” per il quale politica e fede si intrecciano come missione e mai come interesse personale. Per lui, la politica era ascolto e servizio: preferiva fare più che apparire, e mai si è piegato a compromessi per calcolo o peggio per opportunismo.
Per la sua coerenza ha pagato un prezzo salato, specie negli ultimi tempi quando gli è stata negata la possibilità di svolgere criticamente una funzione vivificatrice all’interno del Pd. D’altro canto, geloso della propria autonomia di pensiero, non poteva venire meno alle responsabilità di direzione, nel quadro di un impegno collegiale, rispetto al variegato mondo dei cattolici popolari e democratici della sua Toscana.
La politica perde con lui una figura che ha lasciato un segno, con discrezione e fermezza, e soprattutto con generosità. Ecco dunque che a nome di quanti gli hanno voluto bene, molti trovando in lui un fulgido punto di riferimento, vorrei rivolgergli un saluto con queste semplici parole, e non senza commozione: “Grazie, Alberto!”.