Allarme rosso in Medioriente

L’obiettivo dei “due popoli, due stati” transita per la fine sia del governo Netanyahu che del dominio di Hamas sulla disgraziata popolazione della Striscia di Gaza. Molte le resistenze in campo.

A quattro mesi dalla carneficina del 7 ottobre e a tre mesi, giorno più giorno meno, dall’avvio della distruzione di Gaza da parte dell’esercito israeliano stiamo entrando nella fase, quanto mai delicata e rischiosa, durante la quale l’evoluzione degli avvenimenti può condurre nella direzione, temuta, di un effettivo allargamento del conflitto a tutta la regione mediorientale oppure in quella, auspicata, di un cessate-il-fuoco che favorirebbe la possibilità della ricerca di una soluzione al conflitto, peraltro difficilissima se non quasi irrealizzabile.

Il tentativo da parte degli alleati territoriali dell’Iran di trascinare gli Stati Uniti dentro la guerra è evidente. E sta sortendo alcuni risultati, dal momento che arriveranno a Washington le bare coperte dalla bandiera a stelle e strisce di tre soldati americani. Bare che ovviamente esigono una risposta, e una prima risposta militare c’è già stata. La tensione è ai massimi livelli in tutta l’area: attacchi con droni e missili alle basi militari USA in Siria e Iraq da parte delle milizie filo-israeliane operanti su quei territori e conseguente protesta dei governi locali (con supporto russo in sede ONU) contro la permanenza di quelle basi; conseguente reazione statunitense, come detto, e immediata minaccia di Hamas, che accusa Washington di “aggiungere benzina sul fuoco”; frizione a media intensità ai confini fra Israele e Libano ove opera Hezbollah con i suoi lanci missilistici; attacchi droni alla navigazione commerciale nel Mar Rosso portati a compimento dai ribelli Houthy alleati di Teheran.

Le attenzioni e le preoccupazioni degli europei si sono concentrate su quest’ultimo pericolo e hanno portato alla decisione di approntare una operazione navale di protezione delle navi che solcano il Mar Rosso, in aggiunta al sostegno di alcuni paesi, fra i quali l’Italia, all’operazione “Prosperity Guardian” avviata da USA e Regno Unito con bombardamenti sulle basi Houthy nello Yemen. Del resto, l’importanza di quel transito è troppo rilevante: lo stretto di Bab-el-Mandeb che collega Mar Rosso e Golfo di Aden è uno dei “colli di bottiglia” principali al mondo ove transita (transitava, bisogna dire in questo momento) il 12% del commercio (soprattutto di petrolio e gas naturale) globale e ben il 25% di quello europeo. Costi di trasporto che si innalzano di molto, poiché gli armatori devono decidere se aggirare l’intero continente africano o se sopportare l’aumento esponenziale dei costi assicurativi nel caso decidano di solcare lo stesso le acque del Mar Rosso. Conseguenza inevitabile per i mercati a cominciare da quello europeo è una minacciosa ripresa inflattiva.Per gli Stati Uniti, però, contano molto anche gli altri fronti, oltre a questo. Come gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno dimostrato. Un’accentuazione delle risposte militari, però, comporta il rischio, reale, che, improvvisamente, per un qualsiasi motivo, il livello dello scontro si innalzi e oltrepassi il punto di non ritorno. E questo è un pericolo che la Casa Bianca non può correre. A maggior ragione nell’anno delle elezioni presidenziali. Ecco allora che Biden ha da un lato minacciato Netanyahu, aiutando di fatto chi in Israele vuole sostituirlo al più presto, e dall’altro ha intensificato gli sforzi negoziali con quanti, dal Qatar all’Egitto, stanno attivandosi per raggiungere un compromesso fra le parti in causa.

Le prossime settimane saranno decisive. Ma è evidente che la soluzione che maggiormente la comunità internazionale auspica, ovvero l’avvio di negoziati fra Israele e Autorità Nazionale Palestinese per la definizione concreta del famoso quanto irrealizzato mantra “due popoli, due stati”, transita attraverso la fine del governo di Benjamin Netanyahu e del suo intransigentismo e la fine del dominio di Hamas sulla disgraziata popolazione della Striscia di Gaza. Ed è facile supporre che né l’uno, con i suoi sodali, né gli altri, con i loro, si lasceranno sacrificare tanto facilmente. L’allarme è ancora rosso, da quelle parti.