Organizzato dalla Fondazione Trentina “Alcide De Gasperi” si è tenuto a Pieve Tesino (TN) l’annuale Seminario di Studi sulla figura del grande Statista. L’autorevole relatrice incaricata di esporre la ventesima lectio degasperiana si è soffermata in modo magistrale sul significato del concetto di confine nella vita di De Gasperi, entro il tema dell’autonomia. Il senso di confine e quello di autonomia si sono intrecciati in una storia comune. De Gasperi non visse mail il confine come un muro da abbattere o un recinto entro cui serrare un hortus conclusus ma come linea di collegamento, una cerniera per unire. Rispetto ad un popolo che aspirava ad autogovernarsi è stata in lui centrale l’idea concreta dell’autonomia: non di quella astratta, parlata o ideologica ma di quella legata alle azioni politiche da compiere, per realizzare il buon governo, il bene comune, relazioni positive, la buona amministrazione, l’interesse generale. la pacifica convivenza. Non si rinvengono molte definizioni di autonomia negli scritti degasperiani. Uomo di confine accomunato ad altri grandi protagonisti che con lui hanno fatto l’Europa si misurò nelle situazioni in cui si trovò ad operare come uomo politico, facendo pratica costante in rapporto a situazioni di confine sempre decise altrove che traevano origine dalla storia dei popoli: la frontiera dell’impero, quella italiana ridefinita al termine della prima guerra mondiale, quella scaturita dal confronto con gli alleati al termine della seconda, nella consapevolezza del carattere relativo di quei confini, e della necessità di trovare soluzioni che garantissero pacifica convivenza e relazioni positive.
Non idee astratte o autoreferenziali ma “una serie di invenzioni pratiche” che traevano origine dalla storia dei popoli per decisioni da assumere dentro una realtà concreta da affrontare e governare.
De Gasperi – nato nel Trentino asburgico ed eletto nel Parlamento austriaco – non fu un irredentista: si occupò in tempo di pace e di guerra, dall’Università alla cura e attenzione verso la minoranza italiana che rappresentava. Cura e attenzione più che rivendicazioni: la ricerca di un equilibrio possibile, in una logica che non fu mai di rottura ma di ricomposizione, in una visione universalistica.
Con la fine della prima guerra il confine si sposta: la condizione della componente linguistica tedesca nel sud Tirolo corrispondeva a quella della minoranza italiana prima della guerra stessa. Autonomia come strumento per realizzare la democrazia e realizzare il buon governo: il centralismo livellatore è nemico di tutti. Non solo nelle relazioni tra Italia e Trentino, il suo pensiero supera la dimensione localistica e diventa visione nazionale, nel suo primo discorso al Parlamento nel giugno 1921, essa diventa metodo generale di organizzazione dello Stato, come proposta politica nazionale del PPI per tutto il Regno. La riforma della burocrazia non deve applicarsi solo alle nuove province ma deve diventare un “laboratorio sperimentale di autogoverno e coesistenza fruttuosa”. Dopo la seconda guerra mondiale, l’accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 che teneva conto di realtà complesse, comprendeva i capisaldi fondamentali di un assetto che tenesse conto del confine del Brennero riconfermato, quello della Regione Autonoma, quello delle due province di Trento e Bolzano. Il quadro giuridico iniziale ha recepito successivamente esigenze ad adattamenti progressivi via via emergenti, tenendo conto delle due popolazioni linguistiche ad autogovernarsi.
La vicenda dell’Euregio, Tirolo, Alto Adige, Trentino è una realtà che ha dimostrato di dare i suoi frutti, a partire dagli accordi e dalle cooperazioni tra le Università. Lo spirito di apertura e la lungimiranza di De Gasperi veniva confermata nel suo discorso di Trento del 1948: “dobbiamo dare una risposta che vada oltre le nostre montagne…..siamo in cammino, siamo ai primi passi verso gli stati uniti d’Europa, non guardiamo le cose da un punto di vista piccolo”. La metafora del “confine” ci consente oggi di andare oltre i recinti delle realtà autoreferenziali, mentre nascono nuove paure e tendenze, nei confini immateriali che si fondano su sterili nostalgie del passato, tendenze polarizzanti, e bisogni identitari. Ci sono giuste aspirazioni che specularmente paventano rischi assolutizzanti.
L’autonomia è tipicamente una posizione di relazioni “con”, non può non riguardare rapporti con gli altri. Il suo contrario è la sovranità i cui caratteri essenziali solo assolutezza ed esclusività. L’autonomia è partecipazione, dialogo, confronto che va oltre i confini. Occorre un approccio sempre attento alla sostanza delle cose piuttosto che alle loro forme. “Autonomia è fiducia nel popolo ad amministrarsi da sé”. Separatezza, autoreferenzialità e autosufficienza sono i confini e i limiti dell’autonomia stigmatizzati nella concezione degasperiana. La cooperazione è il modello identitario che può tendere a rafforzare il senso più autentico dell’autonomia: in queste valutazioni sta la grandezza dell’intuizione degasperiana. La società secondo De Gasperi è un concetto che non si esaurisce in una lingua, in una storia, in un destino ma in principi e valori condivisi, in una identità comunitaria, in una integrazione istituzionale che guarda all’Europa come insieme di cittadini associati che si riconoscono nei principi di dignità umana, libertà, uguaglianza e rispetto dei diritti umani. Laddove i confini diventano cerniere.
Da soli non si va lontani, specie in epoca di intelligenza artificiale e delle sue incognite implicite.