Stupisce che una persona così prudente, così riflessiva e di lunghissimo corso politico come Pier Luigi Bersani dica una cosa così sballata e così sbilenca. Ovvero, durante l’ennesimo talk televisivo ha sostenuto che oggi “semplicemente il centro non esiste e non serve”.
Una affermazione così spropositata e così fuori luogo che, detta così, non meriterebbe neanche una risposta. Soprattutto nella storia politica italiana dove, come tutti sanno tranne il simpatico Bersani, il “centro politico e di governo” ha sempre svolto un ruolo decisivo in tutti i tornanti decisivi per la nostra democrazia e per il nostro sistema politico. E non è il caso di soffermarsi ulteriormente anche perche’ il centro ha continuato ad essere decisivo anche durante la cosiddetta “seconda repubblica”, seppur in forma diversa e con un profilo politico meno accentuato.
E se oggi quasi tutti i commentatori, gli opinionisti e i politologi lo richiedono ci sarà un perché. E la motivazione e’ molto semplice e al tempo stesso molto complessa: si tratta, cioè, di battere politicamente la tentazione e l’obiettivo – forse caro al nuovo Bersani – di radicalizzare la dialettica politica italiana e di contrapporre la destra e la sinistra. Una dicotomia vecchia e datata che non può non far regredire le lancette della politica italiana ad una stagione che francamente pensavamo fosse ormai alle nostre spalle. Una sorta di ritorno, anacronistico e singolare, degli “opposti estremismi” – in forma aggiornata e rivista, come ovvio – come abbiamo avuto modo di registrare a Verona la settimana scorsa dove, di fronte ad una destra cattolica e forse anche un po’ preconciliare, ha fatto da controfigura una sinistra laicista, libertaria e con una venatura larvatamente anticattolica.
È questo scontro politico e culturale che sogna il simpatico e divertente Bersani? Quello che serve, soprattutto oggi, e’ l’esatto contrario del contrasto irriducibile tra una “nuova destra” e una ritrovata e vecchia sinistra. Oggi, e la speranza è che decolli questo progetto dopo il vero sondaggio popolare del 26 maggio prossimo, si tratta di ricostruire un “centro” politico, culturale, di governo, riformista, plurale e profondamente democratico che sappia recuperare la miglior stagione politica italiana che era, e resta, quella di confrontare ricette di governo, anche alternative, ma dove la “cultura di “centro” e la “politica di centro” sapevano imporsi.
Non per addormentare il confronto politico o per privilegiare il tanto detestato consociativismo ma, al contrario, per reintrodurre la cultura della mediazione, la composizione degli interessi, la cultura di governo, il rispetto degli avversari e il riconoscimento del pluralismo. E, soprattutto, per una politica che non coltiva l’obiettivo dell’annientamento dell’avversario, caro alla destra attuale, o della delegittimazione morale ed etica del nemico, molto caro alla sinistra storica. E quindi, e sempre con il massimo rispetto per le opinioni di Bersani, si tratta adesso di fare l’esatto contrario di ciò che lui predica e auspica. Per il bene della democrazia e per la salute del nostro sistema politico.