Artico già pubblicato da Civiltà Cattolica a firma di Antonio Spadaro
Alla vigilia delle elezioni europee alcuni sembrano mettere in discussione persino l’esistenza stessa di un processo di costruzione dell’Europa, che invece è stato – pur con tutti i suoi limiti – un fattore importante nella pacificazione del Continente. La Civiltà Cattolicanel febbraio 1930 esprimeva così questa consapevolezza: «Si potrà discutere a lungo e battagliare senza posa intorno alla tecnica di una nuova organizzazione dell’Europa, ma non certo sulla sua necessità odierna».
Torniamo con la nostra memoria ai «padri fondatori» dell’Europa: la loro decisione e il loro impegno poggia sulle loro rispettive esperienze, alcune delle quali plasmate dall’insegnamento sociale della Chiesa. Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Robert Schuman, Joseph Bech, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak…
I fondatori dell’Europa sono stati anche tutti i cittadini e le cittadine che hanno resistito alle due grandi dittature del XX secolo. Deve essere chiaro quindi che interrompere il processo europeo significa, di fatto, evocare spettri che avevamo messo a tacere.
Come porsi davanti a queste tensioni, frutto della sfiducia e di un sentimento nazionalista?
La grande sfida consiste nel riconoscere che siamo nel pieno di un lungo processo di costruzione dell’Europa. La costruzione della «casa comune europea» ha bisogno di essere il risultato di cittadini forti della loro identità culturale, responsabili della loro comunità, e allo stesso tempo consapevoli che la solidarietà con il resto dell’Europa è essenziale.
La coscienza cristiana è pienamente coinvolta in tale processo. I cristiani non possono ritirarsi di fronte al compimento delle loro responsabilità storiche nei confronti del futuro del nostro Continente, e questo richiede scelte politiche precise e coerenti.