Si apre con una lettera inviata alla premier britannica Theresa May e firmata da duecento parlamentari, di diversi partiti politici, alcuni pro e altri contro Brexit, la ripresa dell’attività politica di Westminster.
I deputati britannici invitano il primo ministro a escludere il “no deal Brexit”, ovvero una rottura netta con l’Unione europea, che provocherebbe – sostengono – un danno irreparabile all’economia britannica. Prospettiva inevitabile se il parlamento boccerà, come sembra per il momento certo, l’accordo che la May ha raggiunto con la Ue. Il Regno Unito si è, infatti, impegnato a lasciare l’Ue il 29 marzo prossimo, anche in mancanza di un patto su circolazione di merci e persone con l’Europa.
Per il momento il partito nordirlandese Dup, dai voti del quale dipende la premier, ha deciso di bocciare l’accordo perché non vuole il nord Irlanda legato a tempo indefinito all’Europa. Anche in casa laburista si agitano le acque. Secondo il giornale domenicale “Observer” migliaia di membri starebbero abbandonando il partito perché il suo leader Jeremy Corbyn non si batte con decisione contro Brexit chiedendo un secondo referendum.
Per la società di sondaggi “Yougov” il gradimento laburista passerebbe dal 34%, sei punti dietro ai conservatori, al 26% se il partito sosterrà la Brexit. Mentre la temperatura politica sale, in queste settimane cruciali per la storia del Regno Unito, Theresa May agita lo spauracchio di una rottura netta con la Ue per convincere i parlamentari a sostenerla.