Nelle relazioni tra gli Stati talvolta le acque si confondono e con esse anche le temperature mandando in tilt le previsioni del tempo. Difficile comprendere se si è in presenza di una guerra fredda o calda perché ormai si cammina su una via di mezzo che rende difficile il vocabolario da utilizzare. Per questo viene in soccorso l’arte della diplomazia che dovrebbe stemperare i conflitti in superfice o sotterranei, riportando un clima accettabile tra le parti in disaccordo.
L’ambasciatore non è soltanto il latore di un messaggio da un Governo di un paese al Governo di un altro paese. Per questo oggi, potrebbe essere sufficiente la tecnologia che con speditezza via email sarebbe in grado di rappresentare il pensiero di uno Stato in ordine ad una certa questione.
L’ambasciatore è colui che sa usare l’arte della diplomazia, ne è depositario, munito cioè di un diploma, in origine di un documento piegato in due e quindi doppio. D’istinto potrebbe pensarsi ad un foglio forgiato in modo da poter proporre una lettura a due facce od anche ad una forma scritta e ad una sottointesa non detta, ad una rappresentazione di una posizione che può conoscere sfumature diverse a seconda dello scorrere della lettura delle sue righe e così via.
Doppio è un atteggiamento che può tornare utile per potersi subito rimangiare, giocando di interpretazioni, quanto appena sostenuto, ritrattando o rilanciando a seconda della reazione dell’altro.
Questa volta il Governo italiano ha ritenuto di giocare poco di fino e di dire la sua con nettezza senza stare troppo a girarci attorno. Ha chiesto la liberazione della giornalista Cecilia Sala a cui sembra sia stato contestato il reato di violazione della legge islamica.
Il nostro Ministero degli Esteri ha anche preteso condizioni di detenzioni umane con la possibilità di fornire generi di conforto e di necessità alla donna tenuta da due settimane in una gelida cella senza un letto, solo con la scorta di un paio di coperte, privata dei suoi occhiali da vista, bersagliata da una luce artificiale costantemente accesa. “Il parlare chiaro è fatto per gli amici” ed anche per quelli che non lo sono ora del tutto.
È detenuta nel carcere di Evin, un nome non proprio in sintonia con l’edificio che tiene in condizioni da incubo gli oppositori del regime. Evin in lingua curda vuol dire “Amore” ed ancor meglio in lingua turca si traduce con maggiore azzardo in “casa dell’amore”. Insomma sembra una crudele vena di ispirazione di chi ha intitolato quel penitenziario.
Sembra che neanche troppo sottobanco si giochi ad uno scambio di figurine. Io rilascio la tua Cecilia Sala e tu metti in libertà il mio cittadino svizzero-iraniano Mohammad Abedini.
Per gli Stati Uniti che ne hanno chiesto l’arresto si tratta di un soggetto a doppia faccia come la sua cittadinanza. È un esperto di tecnologia ma il tratto meno nobile è quello di aver giostrato con i Pasdaran per la fornitura di droni utilizzati per un attacco in Giordania che provocò al tempo la morte di 3 soldati americani, oltre a 40 feriti.
“Io do una cosa a te e tu dai una cosa a me” sarebbe la trattativa che non concederebbe spazio a sfumature di parole, lavorando di avverbi e di aggettivi.
Strana parola quella del drone. Par che derivi dal tedesco “drohne” cioè il fuco delle api che quando vola non manca di ronzare con suono solo astrattamente riconducibile ai nostri droni di oggi.
Il fuco, in natura non ha pungiglione e non può far male. Ha come unico compito quello di fecondare l’ape regina e non si spreme in alcun lavoro all’interno dell’ernia. I droni militari sono invece offensivi ed hanno come unica missione quella di spiare o di uccidere, altri diversivi non sono ammissibili.
Per sbrogliare la situazione ci vorrebbe un drone di quelli che devono ancora inventare, un drone che sappia fecondare la pace in qualunque scenario di crisi.
Cecilia Sala non può attendere un Archimede di buon cuore che ne congegni uno con queste caratteristiche. La sua via di casa è l’ultima carta che, finché in tempo, resta all’Iran per salvare almeno la faccia, senza ricorrere a scambi tra pezze e sapone.