La scelta di Giuseppe Conte di guidare il partito dei 5 stelle – ovviamente si tratta di una guida  politica a sovranità limitata perchè, come tutti sanno, da quelle parti conta solo e soltanto una  persona: il fondatore comico del movimento – semplifica e chiarisce il quadro politico nel campo  della sinistra. A questo punto l’alleanza tra Pd, 5 stelle e i post comunasti di Leu può salpare  definitivamente. Una alleanza, è facile capirlo, che difficilmente può competere con il campo  politico del centro destra e di ciò che ruota attorno a quella alleanza perchè i numeri, al di là dei  sondaggi compiacenti, difficilmente possono essere sufficienti per una eventuale vittoria  elettorale. 

Ma, al di là di ciò che capita nell’area della sinistra, quello che adesso diventa sempre più urgente  è di far decollare, seriamente e senza la vocazione testimoniale e fallimentare del passato recente  e meno recente, un’area di centro riformista e plurale che, oltre a coprire un’area politica oggi di  fatto non rappresentata, può diventare un elemento di stabilità per il futuro governo del paese.  

Certo, si tratta di contribuire a superare definitivamente quella deriva trasformista, opportunista e  populista che ha caratterizzato profondamente la stagione politica che ha preceduto l’arrivo del  Governo Draghi. Ma è indubbio che adesso quest’area deve essere strutturata e consolidata. Non  può essere, com’è del tutto evidente, un’area vagamente identitaria ma dev’essere  necessariamente plurale e capace, al contempo, di inserire alcuni ingredienti che in questi ultimi  anni sono stati sacrificati sull’altare di una presunta e maldestra modernità: e cioè, cultura della  mediazione, cultura di governo, rispetto delle istituzioni e senso dello Stato, rifiuto della  radicalizzazione dello scontro politico, cultura della sintesi, qualità della democrazia e spiccata e  profonda cultura riformista e democratica. Elementi che, in un clima dominato appunto dal  trasformismo e dal populismo, non potevano in alcun modo fare breccia nella cittadella politica  italiana. Ma con l’avvento del Governo Draghi anche quella triste e decadente stagione è arrivata  al capolinea e si può, pertanto, inaugurare una nuova fase della politica italiana. E’ proprio in  questa cornice che può decollare una nuova scommessa politica. Un progetto politico che,  inesorabilmente, avrà una genesi extraparlamentare come è stato giustamente evidenziato ma  che dovrà essere caricato di contenuti politici e di classe dirigente autorevole e qualificata. Che  resta l’altro decisivo tassello per invertire una rotta che in questi ultimi anni dominati dal  populismo grillino ha spadroneggiato in modo incontrastato e con il favore di molti settori  giornalistici e politici. 

Ecco perchè, adesso, occorre attivarsi con una proposta unitaria, qualificata e specifica.  Dopodichè arriverà il leader. Ma senza limitarsi solo a individuare nel leader la soluzione di tutti i  problemi capace di sciogliere i nodi politici, programmatici e di classe dirigente diffusa e  articolata. Ma la precondizione realtà sempre e solo una: va perseguita sino in fondo l’unità di  tutte le componenti culturali, politiche e sociali che rifiutano che la politica sia soltanto una lotta  muscolare e quotidiana tra la destra e la sinistra.  

Un progetto di centro accompagnato da una “politica di centro”. Questa era e resta la vera  scommessa in vista delle prossime elezioni politiche.