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domenica, 8 Giugno, 2025
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Chiudersi nella paura non può essere il destino dell’Europa

La storia europea ci insegna un’altra strada. Erodoto, Eschilo, Socrate hanno posto le basi di una cultura che non temeva l’altro, ma lo cercava. La Dichiarazione Schuman nacque da questa stessa audacia.

Che cosa resta dell’Europa oggi nel cuore di chi la vive? È ancora il sogno dei padri fondatori o è diventata un meccanismo stanco, impaurito, che ha smarrito la propria anima?

Viviamo in un tempo in cui si costruiscono muri più in fretta di quanto si costruiscano scuole. In cui il suono delle armi sovrasta quello del dialogo. Non è più il tempo delle scuse o dei rinvii: è il tempo di chiederci, con coraggio, che Europa vogliamo essere.

Un’Europa che si chiude nella competizione o un’Europa che si apre alla cooperazione? Perché la nostra vocazione non è diventare una potenza fra le potenze. È diventare un ponte tra mondi, un laboratorio di dialogo, di dignità, di pace.

Difendere l’autodeterminazione dei popoli, ascoltare le voci ai margini, custodire la pluralità delle identità: questo è il nostro compito. E sì, oggi più che mai, disarmare le parole è il primo passo per disarmare i fatti. Non lo dico io: lo ha detto Papa Francesco, e oggi lo ribadisce Leone XIV, ricordandoci che la pace vera nasce dall’umiltà e dall’incontro.

Ma attenzione: non possiamo più permetterci illusioni. La guerra non è un incidente, è un sistema.

Divide le nazioni, ma anche i vicini, le comunità, perfino chi condivide ideali. Contamina tutto ciò che tocca.

Eppure la storia europea ci insegna un’altra strada. Erodoto, Eschilo, Socrate hanno posto le basi di una cultura che non temeva l’altro, ma lo cercava. La Dichiarazione Schuman nacque da questa stessa audacia: ex nemici che scelgono di condividere, invece che dominare.

Questo è il lascito europeo: non chiudersi nella paura, ma aprirsi per coraggio. Non appiattire le differenze, ma comporle in armonia. Non innalzare confini, ma costruire ponti.

E allora, torniamo alla domanda iniziale: che cosa resta dell’Europa? La risposta dipende da noi. Dalla nostra volontà di essere più che un mercato o un’alleanza: di essere uno spazio di umanità condivisa, capace di visione. Perché la grandezza dell’Europa non si misurerà dalla sua forza, ma dalla sua capacità di accogliere il mondo senza perdere sé stessa.

 

[Intervento svolto il 15 maggio al Parlamento europeo – Bruxelles]