Clima, Mattarella: “Siamo sullʼorlo di una crisi globale”

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa dell’alluvione dell’ottobre 2018 nella Regione Veneto

Rivolgo un saluto di grande cordialità al Presidente della Regione, al Presidente della Provincia, a tutte le autorità, al Vescovo, ai parlamentari, ai tanti sindaci presenti. Vorrei ringraziare in maniera particolare il Sindaco di Belluno per la sua accoglienza, per il suo saluto e confidargli che sono molto legato a questa provincia e alle sue montagne che ho frequentato di continuo durante la mia ormai lunga vita.

È una giornata particolare questa, in cui sottolineiamo eventi che hanno caratterizzato e contrassegnato queste montagne. Il Presidente della Regione e il Presidente della Provincia hanno evidenziato alcuni problemi. Vi sono problemi di cui si stanno occupando Governo e Parlamento, sui quali quindi non posso esprimermi. Ma posso farlo sulle olimpiadi – Presidente Zaia – che considero un’occasione di grande importanza, non soltanto per le Regioni e le città protagoniste ma per l’intera Italia. Le assicuro tutto il sostegno e l’appoggio possibile.

Poc’anzi, i due bambini – bravissimi – ci hanno introdotto con efficacia in quel che è avvenuto in ottobre, e mai come in quell’occasione – la tempesta Vaia – è stato chiaro all’opinione pubblica italiana che i mutamenti climatici in atto nel mondo comportano effetti pesanti anche sull’ambiente del nostro Paese e sulle condizioni di vita della nostra popolazione.

Sentir parlare della desertificazione di alcune regioni africane o dei violenti tifoni nei Caraibi, sulla costa occidentale degli Stati Uniti o in Asia, appariva descrizione di una realtà lontana, remota, che non ci riguardava.

Un evento straordinario – eccezionale, secondo gli esperti – ci costringe a fare i conti con la realtà della vita quotidiana, e a cercare – come ci ha esortato a fare il dottor Thyerry Luciani – di prendere atto dell’esigenza di “una maggiore comprensione dei fenomeni in atto”.

Perché è giusto osservare che limitarsi a evocare la straordinarietà di fatti che si affacciano prepotentemente, per giustificare noncuranza verso una visione e progetti di più lungo periodo, è un incauto esercizio da sprovveduti.

È a Belluno, oggi, che svolgiamo questa riflessione. È giusto farlo sulle Alpi. È giusto che sia la montagna, grande questione nazionale, assieme a quella di tutte le aree interne, a proporci, ancora una volta, il tema delle risorse naturali del nostro Paese, della loro tutela, della garanzia ai cittadini della “sicurezza dei territori”, come ha sottolineato il presidente della Provincia.

Qui in Veneto abbiamo avuto un positivo esempio di come la attivazione, in via preventiva, della rete di Protezione civile abbia potuto mitigare le conseguenze del disastro sulle persone, sulla base di accurate previsioni meteorologiche.

È la conferma di come il modello di collaborazione tra Regione, Prefetture, forze del volontariato, possa giocare un ruolo prezioso non solo nell’emergenza delle catastrofi una volta verificatesi ma, soprattutto, sul terreno della prevenzione per ridurne o evitarne le conseguenze.

È una lezione; che va fatta propria da tutte le istituzioni quando sono chiamate a compiere scelte che riguardano il futuro.

Io desidero – e avverto il dovere – di ringraziare ed elogiare intensamente quanti si sono prodigati in quei giorni con personale sacrificio, senso di solidarietà e abnegazione. Hanno elencato queste realtà, protagoniste di quei giorni, il Presidente della Regio ne e della Provincia e io ringrazio tutti con molto calore per quanto hanno fatto in quei giorni.

Tutto questo ci induce a riflettere che deve essere chiaro che il rapporto con la natura è fatto di rispetto degli equilibri dell’ecosistema, pur se l’umanità ha dimostrato una costante propensione a misurarsi quotidianamente con i limiti conosciuti.

La civiltà montana ha saputo confrontarsi con questi limiti e svilupparsi per millenni, in una competizione quotidiana con condizioni di vita non facili, ma ben inserita in questi ambienti, senza stravolgerli.

Dobbiamo sempre, nel nostro percorso verso il futuro, coltivare insieme innovazione e saggezza antica.

Devono andare di pari passo due atteggiamenti. Anzitutto la costruzione di una attenta regia e di solidarietà internazionali, per affrontare quei comportamenti che contribuiscono a cambiamenti climatici dalle gravi conseguenze.

Gli sforzi compiuti nelle diverse conferenze internazionali, che si sono succedute, hanno, sin qui, conseguito risultati significativi ma ancora parziali e insufficienti.

Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello planetario. È il senso della sollecitazione pubblicamente sottoscritta, nell’autunno scorso, da alcuni Capi di Stato europei.

In secondo luogo – sul terreno delle concrete pratiche da parte delle istituzioni locali e nazionali – vanno respinte decisamente tentazioni dirette a riproporre soluzioni già ampiamente sperimentate in passato con esito negativo, talvolta premessa per futuri disastri.

Opere di contenimento e regimentazione, se non suffragate dall’apprendimento delle precedenti esperienze, talvolta ottengono risultati opposti a quelli prefissati, violando equilibri secolari da difendere.

Diversamente, rischiamo di ritrovarci altre volte a piangere vittime, frutto non della fatalità ma drammatica conseguenza di responsabilità umane.

L’amara e indimenticabile esperienza del Vajont ce lo insegna ogni momento.

Di fronte a tragedie come quella del Vajont la Repubblica è chiamata, anzitutto, a esprimere il proprio dolore a quanti, vittime e sopravvissuti, ne sono stati colpiti.

Ma non si può limitare al cordoglio. Come ho detto questa mattina, al Cimitero di Fortogna, ai rappresentanti delle associazioni che di quella tragedia custodiscono la memoria, la Repubblica è, in qualche modo, responsabile di quanto avviene sul suo territorio e quindi ha motivo di scusarsi con chi ha sofferto le conseguenze di disastri di questo genere.

Ma la Repubblica è anche, al contempo, vittima anch’essa delle scelte e dei comportamenti di coloro che hanno concorso causare immani sciagure come quella e io, rappresentando la Repubblica, nel porgere – come ho fatto questa mattina – le scuse a quei rappresentanti, mi colloco accanto a chi avverte il dolore di quei lutti immani e tra coloro che ne conservano la memoria.

Il territorio del nostro Paese è fragile e le conseguenze dell’abbandono dei territori, verificatosi sulle Alpi e sugli Appennini, vengono pagate, a caro prezzo, da queste zone ma anche dagli insediamenti urbani e produttivi in pianura.

Occorre proseguire sulla strada di iniziative per la salvaguardia degli assetti idro-geologici. Queste iniziative sono state ampiamente delineate dal Parlamento in questi decenni ed è necessario un impegno condiviso delle istituzioni ai vari livelli per svilupparli e attuarli concretamente.

La tutela ambientale e idro-geologica è amica delle persone, ne salvaguarda la vita e difende così il futuro delle nostre comunità, accompagnata, come deve essere, da un uso razionale e sostenibile delle risorse esistenti nell’area.

Il rilancio di una politica per la montagna e le popolazioni che la abitano va non solo nella direzione della effettiva affermazione della eguaglianza fra i cittadini della Repubblica, ma rappresenta una sfida per il recupero pieno di aree abbandonate o sottoutilizzate, preziose per il processo di crescita dell’Italia.

È una consapevolezza che trova diffusione anche a livello continentale, confermata dalla collaborazione nell’ambito di “Euregio senza confini”, della Regione Veneto, di quella del Friùli-Venezia Giulia, con il Land della Carinzia.

Quest’anno, inoltre, sarà esercitata dalla Lombardia la presidenza di Eusalp che costituisce, sin qui, l’ambito più ampio di cooperazione tra Regioni, Stati e Unione Europea in tema di montagna.

Rimane ancora molto strada da fare per un più incisivo impegno delle istituzioni comunitarie in argomento, né, sul tema della montagna, può essere considerato esaustivo il riferimento all’art.174 del Trattato sul funzionamento della Ue.

Ripristinare la buona salute di un territorio – come qui si sta provvedendo a fare – richiede laboriosità e tenacia, qualità che non difettano certo alle popolazioni di queste terre.

Esaurita rapidamente la fase dell’emergenza con il generoso contributo del mondo del volontariato, evocato qui da Ivo Gasperin, le ragioni del recupero, per non provocare alterazioni permanenti e gravi nel tessuto del bosco, si sono fatte imperiose, con il ritorno della buona stagione.

È bene ricordare che la Prima guerra mondiale aveva prodotto devastazioni immani nel Triveneto, anche sul piano ambientale.

Con impegno, in quel dopoguerra, misero radici importanti foreste e boschi divenuti “della memoria”. Sono quelli oggi duramente colpiti, così come quelli sull’altipiano tanto caro a Mario Rigoni Stern, che ha narrato le bellezze di queste montagne.

Appartiene alla vocazione del nostro popolo saper esprimere saggezza, fermezza e industriosità nei momenti più ardui, ed è una tradizione forte della gente di queste contrade.

Sono convinto che, ancora una volta, dalle “Terre alte” saprà venire un esempio di grande valore per tutta la nostra comunità nazionale, frutto del patrimonio di civiltà accumulato nei secoli dalle genti di montagna.

Rivolgo a tutti loro, attraverso i tanti sindaci qui presenti, un saluto cordialissimo e un grande augurio.