Si è svolto a Urbino il 28-29 ottobre dello scorso anno un convegno su “Giulio Andreotti ed Helmut Kohl: la riunificazione della Germania, lezioni per l’oggi”. Le considerazioni svolte in quella sede costituiscono, in generale, materia di riflessione per le forze politiche e la pubblica opinione, specialmente in questa dura circostanza di guerra tra Ucraina e Russia. Umberto Vattani, ambasciatore di grande esperienza e prestigio, impegnato al fianco prima di De Mita e poi di Andreotti a Palazzo Chigi, attualmente Presidente della Venice International University (VIU), suggerisce di leggere le vicende dell’oggi con le lenti di ieri, per capire cosa significhi il governo di eventi che in pace e, purtroppo, anche in guerra non si manifestano mai per caso. Di seguito riportiamo – per gentile concessione – un ampio stralcio della parte introduttiva della relazione da lui svolta ad Urbino, dando comunque modo ai lettori di leggere il testo per intero mediante il link posto in fondo alla pagina.
Umberto Vattani
[…] la visuale dalla quale intendiamo partire [è] quella dell’amicizia tra i due statisti, Giulio Andreotti e Helmut Kohl. Appartenevano entrambi a partiti che affondavano le loro radici nei valori cristiani. Alla fine della seconda guerra mondiale avevano fatto le medesime scelte per l’Europa e per la collocazione internazionale dei loro Paesi accanto alle grandi democrazie occidentali. Avevano anche vissuto esperienze drammatiche: Kohl non aveva dimenticato la disperazione e la sofferenza patite dalla popolazione, aveva un ricordo vivido delle macerie, delle città distrutte; disse a Andreotti di essere stato arruolato in un campo di addestramento militare a 14 anni.
Andreotti, nato nel 1919, era stato testimone della crisi economica e sociale dell’Europa, dell’assurdità delle ideologie degli stati totalitari e delle politiche autarchiche. Entrambi condividevano il sogno di un’Europa senza guerre, da realizzare attraverso lo sviluppo e la crescita basati sui principi della democrazia, sul riconoscimento degli inviolabili e inalienabili diritti della persona umana, su una economia di mercato capace di assicurare l’equità sociale.
Avevano la profonda convinzione che la progressiva integrazione europea e il graduale rafforzamento della NATO avrebbero assicurato ai loro Paesi l’auspicata stabilità e sicurezza. La NATO non doveva però essere una minaccia per nessuno, ma un elemento di dissuasione, e a tal fine occorreva mantenere il dialogo e i contatti con l’Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia per giungere a una vera distensione e agevolare i negoziati per la riduzione degli armamenti tra i due blocchi in cui era divisa l’Europa.
A tutto questo aggiungerei una nota. Alla condivisione di una visione politica si sommava, tra Andreotti e Kohl, un forte rapporto umano. Il Cancelliere non ha mai dimenticato la premura e l’aiuto straordinario prestato da Andreotti al figlio Peter, vittima di un gravissimo incidente nei pressi di Verona, per assicurarne il ricovero in un ospedale specializzato dove fu salvato dai medici.
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Per Andreotti, come per un’intera generazione di politici democristiani, l’impegno per l’Unione europea era una missione. Il punto d’arrivo doveva essere la progressiva integrazione tra Stati per giungere poi all’unità federale dell’Europa. Questa concezione era strettamente connessa all’atlantismo: la permanenza degli Stati Uniti in Europa non avrebbe dovuto soltanto assicurare la stabilità del continente ma anche rafforzare la cooperazione in altri campi: l’alleanza atlantica era perciò ben più di un patto militare. Nell’azione del leader democristiano sono evidenti questi due principi di fondo che avrebbero orientato la politica estera italiana alla ricerca di un ordine europeo diverso.
Il Cancelliere aveva nel suo programma un obiettivo specifico – la missione della sua vita dirà poi – : la riunificazione tedesca. Era consapevole che sarebbe stata raggiungibile, da un lato, dopo l’avvio di nuova fase di distensione con l’Unione Sovietica, dall’altro, dopo aver rassicurato i partner sulla sincerità dell’impegno tedesco per l’integrazione europea.
Una diversità, nell’azione condotta a livello internazionale dai due statisti era evidente nel modo di procedere: più impetuoso e dirompente Kohl, più prudente e riflessivo Andreotti. La rapidità con cui si realizzò il processo della riunificazione rivelò una virtù politica essenziale del Cancelliere: il suo tempismo e la sua capacità di curare con la medesima attenzione i rapporti con interlocutori diversissimi, dal presidente degli Stati Uniti a quello Sovietico. In un incontro con Andreotti, il Cancelliere citò Bismarck, perché non trovava immagine migliore per illustrare la situazione in cui venne a trovarsi in quegli anni: “Quando senti i passi di Dio rimbombare attraverso gli eventi, devi saltare su e afferrare il lembo del suo mantello”.
Andreotti, anche se più felpato nello stile e sempre attento al contesto internazionale, diede prova anche lui di possedere altrettanta capacità politica. Un esempio per tutti: usando con acume nel 1990 la presidenza di turno della Comunità europea seppe creare in pochi mesi occasioni favorevoli per la conclusione in tempi brevissimi del grande progetto della moneta unica.
Relazione dell’Ambasciatore Umberto Vattani 28-29 ottobre 2021
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