Corrispondenza romana | Simbologie opposte a Westminster e sulla Piazza Rossa.

 

 

L’articolo è qui riproposto (in stralcio) per un dato interessante: benché l’autore vanti un curriculum di destra, a differenza di certo fondamentalismo, anche cattolico, non assume Putin a riferimento iconico e politico.

 

Roberto De Mattei

 

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Il nuovo sovrano sembra mischiare un certo amore alla tradizione, soprattutto in campo artistico, con una forma di sincretismo espresso dal suo desiderio, di essere difensore di tutte le fedi, non solo di quella protestante. Non è però la sua persona che ha spinto quattro miliardi di persone nel mondo ad assistere, per televisione o via Internet, alla cerimonia di incoronazione, ma il fascino di uno spettacolo che, nel suo rituale risale all’alba dell’anno Mille.

 

Sant’Edoardo il Confessore (1043-1066), il santo più celebre a portare tale nome, insieme con il suo avo, sant’Edoardo II, fu incoronato il 3 aprile 1043 in un’epoca in cui regnavano sant’Enrico imperatore in Germania, san Canuto re di Danimarca, santo Stefano re di Ungheria, ed altri sovrani che, pur non essendo canonizzati, brillavano per la loro fede, dimostrando con il loro esempio la profondità dell’influsso cristiano nella società.

 

La corona che essi portavano erano il simbolo dell’autorità del corpus mysticum del regno, dal Re agli ultimi vassalli, consapevoli di essere una nazione e di avere una patria. In Inghilterra, già dalla fine del XIII secolo, il Parlamento definiva la corona come esclusivo titolare dell’autorità suprema, affermando che il Re e il Parlamento erano entrambi al suo servizio. L’imposizione della corona sul capo del sovrano, la consegna delle spade e dello scettro, l’unzione del crisma, le risposte alle domande del vescovo, gli atti di obbedienza, facevano parte del rituale medioevale e si sono ripetuti il 6 maggio, dopo quasi mille anni, nell’abbazia di Westminster.

 

Il rito religioso dell’unzione, che si è svolta in maniera privata è stato il punto culminante della cerimonia, dando luogo all’investitura regia vera e propria.   Questo atto esprime una concezione della regalità antitetica a quella democratica, nata dalla Rivoluzione francese. Le moderne costituzioni sono fondate infatti sul potere che viene dal popolo. Nella cerimonia della consacrazione regia si esprime invece il principio secondo cui il potere proviene da Dio, secondo la massima evangelica Non est potestas nisi a Deo (Rom. 13, 1). L’autorità regia è come una partecipazione della regalità sovrana di Cristo di cui, mediante l’unzione e l’incoronazione, il monarca diventa rappresentante nello Stato.

Un bagliore di sacralità nel mondo piatto ed ugualitario del nostro tempo, dunque, che si è contrapposto alla rappresentazione laica svoltasi, tre giorni dopo sulla Piazza Rossa di Mosca: la parata militare per commemorare il settantottesimo anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista, avvenuta il 9 maggio 1945.

La “Grande Guerra patriottica” è il mito fondatore della nuova identità russa e Stalin, artefice della “Grande Vittoria”, è uno degli eroi del Pantheon nazionalcomunista di Vladimir Putin.  Dai tempi dell’Urss, la sfilata sulla Piazza Rossa a Mosca, davanti alle massime autorità politiche e militare è l’occasione per esibire la potenza del Cremlino. Quest’anno la parata si è svolta in tono dimesso, rispetto agli anni precedenti, ma per la prima volta Putin ha parlato di una guerra che non è solo tra la Russia e l’Ucraina, ma tra la Russia e un Occidente, che oggi minerebbe la pace come il nazismo la minava 80 anni fa. LOccidente – ha detto il presidente russo – «provoca conflitti sanguinosi», semina i semi della «russofobia» e pretende di «dettare le sue regole a tutte le nazioni». La guerra, ha affermato Putin, esiste, la Russia è in guerra e la civiltà è a una svolta. Dalla simbolica Piazza Rossa è stato lanciato al mondo un messaggio bellicoso e carico di minacce, mentre l’abbazia di Westminster ha offerto l’immagine di un Occidente incapace di riconoscere, dietro la bellezza dei suoi riti e delle sue tradizioni, la verità della propria identità di fronte a una guerra ibrida, che è anche guerra di narrazioni.

 

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https://www.corrispondenzaromana.it/dallabbazia-di-westminster-alla-piazza-rossa-due-spettacoli-simbolici/