Il nuovo (dis)ordine del mondo mediterraneo a poche ore dalle elezioni turche

Presentato a Roma il nuovo Atlante geopolitico del Mediterraneo 2023 a cura di Osmed, lOsservatorio sul Mediterraneo dellIstituto di Studi Politici S. Pio V”.

Paolo De Nardis

 

Nel turbolento periodo storico caratterizzato dalla crisi ucraina e da quella delle materie prime, i paesi europei guardano al Mediterraneo con rinnovato interesse, soprattutto in materia di politiche energetiche. L’Algeria è diventata interlocutore imprescindibile per gli interessi dell’Unione europea, mentre la Libia, a dodici anni dalla caduta di Gheddafi, non ha ancora ritrovato la sua unità. La Turchia, nel centesimo anniversario della Repubblica fondata da Kemal Ataturk, è chiamata a scegliere il proprio futuro nelle elezioni presidenziali e politiche del prossimo 14 maggio. L’Atlante Geopolitico del Mediterraneo, giunto alla sua nona edizione, affronta e analizza la situazione politica, economica e sociale degli 11 paesi della sponda sud del Mediterraneo e l’evoluzione del frastagliato quadro politico di una regione su cui, negli ultimi anni, si concentrano gli interessi di player globali e regionali come la Cina, la Russia e le Monarchie del Golfo.

 

Questa nona edizione dell’Atlante, come le precedenti, è strutturata in tre parti. La prima sezione, di approfondimento, ospita saggi che affrontano temi di stretta attualità che hanno un forte impatto sull’evoluzione del quadro politico regionale. Nella seconda sezione sono invece presenti 11 schede paese. Ciascuna di essa analizza la politica interna, la situazione socio-economica e la politica estera e di sicurezza di 11 paesi della sponda sud del Mediterraneo. L’ultima sezione del volume, Dialoghi Mediterranei, ospita saggi brevi che affrontano in maniera più agile rispetto alla prima sezione temi di immediato interesse o che potrebbero diventare centrali nel breve futuro.

Tra i saggi di approfondimento, quello che apre l’edizione 2023 dell’Atlante è firmato da Karim Mezran, direttore della North Africa Initiative e Resident Senior Fellow del Rafik Hariri Center e Middle East Programs presso l’Atlantic Council di Washington D.C., dove è responsabile degli studi sui paesi dell’Africa settentrionale e in particolare sullo sviluppo dei sistemi politici interni e sulle relazioni internazionali dei singoli paesi. Mezran, ritenuto uno dei massimi esperti internazionali di Libia, ricostruisce l’evoluzione della guerra civile libica a partire dalla caduta di Gheddafi nel 2011. Nel suo lavoro emerge con chiarezza l’attuale frammentazione del quadro sociopolitico del paese e la difficoltà di individuare un percorso che, nel breve termine, possa ricondurre all’unità un paese devastato da dodici anni di guerra civile. L’autore non manca di sottolineare il ruolo delle potenze straniere nel determinare la grave conflittualità che ha segnato il paese negli ultimi anni.

 

“Il Mediterraneo continua a essere lo spazio effervescente e dinamico ancora baricentro dell’attenzione internazionale, nonché punto di riferimento fondamentale per gli equilibri politici globali” – afferma Paolo de Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” – “La situazione di crisi generalizzata che si è venuta  a creare all’indomani dello scoppio delle cosiddette Primavere arabe è ancora prevalentemente senza sbocchi, continuando a determinare in tal modo una forte instabilità in tutta l’area. In quest’ottica, l’Europa non può certamente venir meno al proprio ruolo e alle proprie responsabilità storiche rispetto a un luogo che è fondamentale per la sua storia e il suo futuro. Tra l’altro, l’Atlante esce proprio a ridosso delle elezioni in Turchia, all’indomani di tutta la critica gestione che c’è stata del paese negli ultimi anni ad opera di Erdogan. Per non parlare della Libia, un  paese oggi ancora profondamente diviso e attraversato da una guerra civile la cui fine, come ci  ricorda nella sua lucida analisi Karim Mezran, appare ancora molto lontana. Un simile quadro, infine, non può non destare profonda preoccupazione soprattutto alla luce della guerra in Ucraina e dello scontro sempre più radicale tra gli Stati Uniti e i suoi alleati europei da una parte e la Russia dall’altra, con il particolare ruolo che la Cina sta assumendo di fronte all’evolversi degli eventi”.

 

La seconda sezione del volume ospita le schede di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Autorità Nazionale Palestinese, Libano, Siria, Giordania e Turchia, divise in due parti. Nella prima parte è ripercorsa, in modo sintetico, la storia recente dei paesi. Nella seconda parte è invece presente un’analisi approfondita della situazione politica, socio-economica e della politica estera e di sicurezza dei singoli Stati relativamente agli ultimi 12 mesi.

Nella presente edizione la sezione Dialoghi mediterranei ospita tre saggi. Il primo, opera di Marcello Ciola, affronta la delicata questione della sicurezza regionale e dell’eclissi del Mediterraneo nel quadro del conflitto in Ucraina. Il secondo, ad opera di Francesco Alicino (Ordinario di Diritto Pubblico delle religioni), approfondisce il tema del radicalismo islamico insurrezionale di ispirazione religiosa nel contesto del bacino del Mediterraneo. Nell’ultimo saggio Francesco Anghelone, coordinatore scientifico dell’area di ricerca storico-politica dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e coordinatore dell’Osservatorio sul Mediterraneo, ripercorre invece l’ascesa al potere dell’Akp di Erdogan e la profonda trasformazione della Turchia operata dal leader turco: “La Repubblica turca, che a ottobre si appresta a festeggiare i propri primi cento anni di storia, è stata profondamente cambiata dall’arrivo al potere di Erdogan. Il leader dell’Akp ha progressivamente scardinato i pilastri dello stato laico fondato da Kemal Ataturk e imposto una deriva sempre più autoritaria alla Turchia. La sua capacità di attrazione nei confronti dell’elettorato turco sembra tuttavia vacillare per la prima volta nel corso degli ultimi venti anni. La grave crisi economica che attraversa il paese, gli effetti del devastante sisma del febbraio scorso e il crescente autoritarismo del presidente turco ne mettono in seria discussione la rielezione. Per la prima volta, inoltre, le opposizioni si presentano al voto unite in sostegno della candidatura del leader del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) Kemal Kılıçdaroğlu. Le elezioni del 14 maggio rappresentano dunque un passaggio fondamentale nella storia recente della Turchia e ne determineranno, molto probabilmente, anche il futuro ruolo nel quadro regionale e internazionale”.

 

Secondo Andrea Ungari, ordinario di Storia contemporanea all’Università Guglielmo Marconi e curatore, insieme ad Anghelone,  del volume: “L’Atlante geopolitico del Mediterraneo 2023 pone al centro della sua analisi due temi di particolare rilevanza sia per gli interessi nazionali italiani sia per quelli europei. Il primo di questi temi riguarda la Libia che il saggio di Karim Mezran analizza bene, sottolineando la situazione complessa di una delle aree che maggiormente coinvolge gli interessi italiani ed europei, per gli approvvigionamenti di materie prime e per il flusso di migranti oltreché di armi e di droga. Il secondo, attraverso le parole di Marcello Ciola, si concentra sulla guerra in Ucraina, opportunamente supportata dall’Unione Europea e dall’Italia, e sul rischio che l’attenzione sul fronte orientale dell’Unione faccia venir meno l’interesse per la sponda sud e, quindi, per quell’area mediterranea che presenta sempre maggiori turbolenze e dove attori, spesso illiberali e autoritari, si stanno affacciando con la loro forza militare ed economico-finanziaria”.

 

Paolo De Nardis

Professore emerito alla Sapienza, è Presidente dell’Istituto di Studi Politici San Pio V.