In riferimento al solo settore rurale la produzione di biometano, il biocombustibile che si ottiene dagli scarti di biomasse di origine agricola e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante dalla raccolta differenziata, potrebbe coprire il 10 per cento degli attuali consumi di gas a livello nazionale. Una buona pianificazione in tal senso e la partecipazione alle buone pratiche sostenibili da parte dei cittadini potrebbero essere dirimenti per immettere in rete questo combustibile prodotto, appunto, da rifiuti urbani, scarti agroalimentari, fanghi di depurazione, discariche esaurite.

Lo sviluppo degli impianti a biometano potrebbe comportare notevoli vantaggi ambientali e consentire di affrontare una delle sfide più difficili della decarbonizzazione, quella della mobilità e dei trasporti. Diverse aziende hanno iniziato da tempo a sviluppare mezzi pesanti funzionanti a biometano compresso, migliorando di molto la sostenibilità del trasporto su strada e del trasporto pubblico locale. Ulteriori passi avanti potrebbero poi interessare il trasporto navale.

Tecnologie, gestione e usi finali del biometano sono stati oggetto dell’incontro organizzato ieri a Bologna da Legambiente per creare un momento di confronto sulla diffusione e sullo sviluppo di questa risorsa in Italia, attraverso l’intervento di attori del settore, istituzioni e portatori d’interesse, al fine di sottolinearne la strategicità e le potenzialità in una prospettiva di decarbonizzazione del settore energetico e dei trasporti.

Due le proposte fondamentali avanzate dall’Associazione ambientalista: una campagna di informazione capillare su che cosa sia il biometano “fatto bene” e l’attivazione di processi di partecipazione territoriale. Con l’obiettivo di favorire la produzione di questa fonte di energia rinnovabile, attraverso una corretta pianificazione degli impianti di produzione per rendere lo sviluppo del biometano strategico per ridurre la dipendenza dalle energie fossili e per raggiungere gli obiettivi dell’economia circolare, a partire dalla chiusura del ciclo dei rifiuti organici.

“L’Italia, con 1.600 impianti a biogas, è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo – ha detto il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti – ha quindi un potenziale produttivo di biometano alto, stimato al 2030 in 10 miliardi di metri cubi, di cui almeno otto da matrici agricole, pari a circa il 10 per cento dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. E l’approvazione del decreto del 2 marzo 2018, che ha introdotto nuovi incentivi per la produzione di biometano finalizzato al settore trasporti, è un ottimo strumento. Anche se la finestra degli incentivi si chiude al 2022 e occorre quindi uno sforzo di tutti per riuscire a mettere in campo procedure e iter per la realizzazione degli impianti che tengano conto di questo vincolo temporale. Positivo e importante in questo contesto il segnale che arriva dalle aziende nell’investire in innovazione e produrre progetti sempre più interessanti”.