Decolla l’alleanza populista. Dov’è finito il Centro?

Come si può ipotizzare che il Centro nel nostro paese, sempre più utile ed indispensabile di fronte ad una violenta radicalizzazione del conflitto politico, non si unisca in un patto federativo?

Il risultato della Sardegna è ormai abbastanza evidente. Al di là delle tifoserie partigiane, degli errori plateali della coalizione di centro destra e del sempreverde “fuoco amico” che ha puntualmente cecchinato il candidato imposto dalla Premier Meloni a Presidente, emergono almeno due dati politici che non possono essere sottovalutati o, peggio ancora, aggirati.

Innanzitutto la vittoria della pasdaran grillina Todde rilancia l’alleanza politica, organica e strutturale, tra il partito populista per eccellenza dei 5 Stelle e la sinistra massimalista e radicale della Schlein. Piaccia o non piaccia questo è un tassello politico che si impone a partire proprio

dal voto sardo. Del resto, questa era e resta la volontà concreta di quelle due leadership politiche.

Ovvero, una grande alleanza populista e radicale tra due sinistre massimaliste che coltivano l’obiettivo di radicalizzare lo scontro politico sino in fondo e senza alcun arretramento. Un disegno politico, del resto, perfettamente speculare al volgare sovranismo della Lega salviniana e di alcuni settori oltranzisti della destra di Fratelli d’Italia. Certo, si tratta di una prospettiva drammatica sotto il profilo democratico che rischia di esporre il nostro paese ad una prospettiva agghiacciante.

Basti pensare al confronto sul ruolo e la stessa “mission” della Polizia di Stato di questi ultimi giorni per rendersene conto. Sembra di essere tornati, anche nel lessico, alla metà degli anni ‘70 dove da un lato si sostiene ormai apertamente la presenza di un regime politico repressivo alla cilena simile ai paesi dittatoriali dell’America Latina e, dall’altro, si registra un modello che mal sopporta il dissenso. Una sorta, appunto, di sub cultura degli “opposti estremismi” che fa regredire la storia democratica del nostro paese ad una stagione che fosse ormai definitivamente archiviata.

In secondo luogo le forze centriste. Anche qui ci troviamo di fronte ad un sostanziale paradosso.

Ovvero, come si può, oggi, sostenere la tesi che il Centro nel nostro paese, sempre più utile ed indispensabile di fronte ad una violenta radicalizzazione del conflitto politico, non si unisca in un un patto federativo o in una alleanza compatta e visibile? Com’è pensabile di battere questo “bipopulismo” rirproponendo una divisione cronica ed improduttiva tra i vari attori politici principali?

Può, detto in altri termini, decollare una progetto politico quando i suoi principali protagonisti sono radicalmente contrapposti e l’un contro l’altro armati? Perché, forse, adesso è arrivato il momento per dire con chiarezza se un raggruppamento centrista, moderato, riformista e di governo può realmente decollare o meno. I numeri elettorali li conosciamo e vanno letti ed approfonditi sotto il profilo politico e non meramente, se non addirittura esclusivamente, umorale.

Del resto, sarebbe perfettamente inutile denunciare gli effetti nefasti di questo bipolarismo selvaggio e poi limitarsi, forse inconsapevolmente ed indirettamente, a favorire politicamente quella sub cultura e quella deriva.

Ecco perché dopo il voto sardo, soprattutto dopo il voto sardo, è indispensabile per l’intera area centrista attivare una iniziativa politica che sia in grado di ridare un ruolo protagonistico ad un progetto che non più tardare. Pena il consolidamento di un modello politico, del tutto estraneo alla storia democratica del nostro paese, ma che per motivazioni di insipienza, o di mancanza di coraggio o di assenza di coerenza politica, rischia di consolidarlo in vista delle prossime consultazioni elettorali. Regionali e nazionali.