25.3 C
Roma
lunedì, 28 Luglio, 2025
Home GiornaleDemocrazia cristiana: partito cancellato, postura rimpianta

Democrazia cristiana: partito cancellato, postura rimpianta

La Dc non è un mito da celebrare, ma una lezione da comprendere. La politica italiana continua a guardare - spesso senza ammetterlo - alla sua eredità culturale e organizzativa.

C’è poco da fare. Al di là dei suoi storici detrattori, il ruolo, la cultura, il modello, il progetto e la stessa organizzazione di partito della Dc continuano a fare capolino nella politica italiana. Certo, si tratta di un modello e di un progetto che non hanno cittadinanza nei partiti radicali, populisti, sovranisti o estremisti. E quindi, per fare solo qualche esempio, negli attuali partiti di Conte, Salvini, Fratoianni/Bonelli e Schlein, per citare i principali.

Ma è indubbio che ogni qualvolta un partito rivendica una cultura di governo, una postura centrista, un approccio riformista e anche una organizzazione democratica al proprio interno, il riferimento alla Democrazia Cristiana è quasi d’obbligo.

Il centro come cultura di governo

E questo perché, come ricordava con insistenza uno degli ultimi leader storici della Dc, Guido Bodrato, “in Italia si vince al Centro ma soprattutto si governa dal Centro”. Dopodiché, come tutti sanno, quel partito è consegnato alla storia e, com’è altrettanto ovvio e scontato, non può più essere riprodotto nella cittadella politica italiana.

Ma quello che conta sotto il profilo politico, culturale e anche di metodo è che — a differenza di altri grandi partiti popolari e di massa del passato che sono culturalmente e politicamente falliti di fronte alla storia, come ad esempio il vecchio Pci — il modello e la stessa “mission” della Dc continuano ad essere concretamente richiamati anche nell’attuale stagione politica del nostro Paese.

Uneredità rivendicata altrove

Non è un caso, per fare un solo esempio, se quando si governa — e l’esempio di Giorgia Meloni è, al riguardo, paradigmatico — si invoca e si persegue un modello centrista, moderato e riformista a prescindere dalla stessa provenienza culturale e ideale del Premier di turno.

Non è un caso, per fare un altro esempio, se la “postura” di governo — e quindi la stessa “cultura di governo” — diventa quasi la cifra distintiva che caratterizza il comportamento politico di un partito.

E non è un caso, infine, se quando un partito vuole apparire realmente democratico, superando e archiviando la deriva dei “partiti personali” e dei “partiti del capo”, l’unico modello credibile che ancora oggi — seppur tra alti e bassi — continua ad avere una patente storica di democraticità, di collegialità, di serietà e di trasparenza era e resta quello della Democrazia Cristiana.

La lezione disattesa dai cattolici

Ecco perché, al di là della narrativa e della stessa interpretazione dei suoi detrattori storici — fortemente presenti tutt’oggi nel campo della sinistra politica, culturale, artistica, accademica ed editoriale italiana — il ruolo politico e la postura dello storico “partito di cattolici” continuano a fare discutere e ad essere, consapevolmente o meno, fonte di ispirazione anche per i grandi partiti che attualmente campeggiano nella politica italiana.

Stupisce, ed è questa una considerazione marginale ed amara, che siano proprio i cattolici attualmente impegnati in politica, e che non rinnegano, come ovvio, l’insegnamento e il magistero della Dc e dei suoi grandi leader e statisti, a non farsi carico direttamente di questa straordinaria ed inedita eredità. Politica, culturale, programmatica, etica ed anche organizzativa.

Assistiamo, cioè, a una strana e singolare eterogenesi dei fini. E cioè, sono partiti o esponenti politici sideralmente lontani dalla concreta esperienza della Dc a farsi carico della lezione e dell’insegnamento declinati dalla Dc per quasi 50 anni nella vita democratica del nostro Paese.

Un paradosso, certo, ma che conferma da un lato la modernità e l’attualità di quel modo d’essere in politica e, dall’altro — e purtroppo — la sostanziale insipienza ed irrilevanza del cattolicesimo politico italiano. O meglio, di coloro che vogliono essere protagonisti ed alfieri di un nuovo protagonismo politico dei cattolici ma sono soltanto gregari e spettatori di un gioco che viene condotto, deciso e praticato da altri.