Democrazia e trattori, ovvero la mediazione dimenticata.

La vicenda della protesta agricola sta dimostrando che la crisi di partecipazione non risparmia nessun ambito politico o sociale. Con i trattori in piazza anche le categoria più blasonate sono nel mirino.

I trattori che attraversano l’Italia dimostrano almeno in parte cosa accade quando la politica abbandona la strada della mediazione e del confronto con i corpi intermedi.

Le realtà che si organizzano per rappresentare gli interessi (più o meno) legittimi di categorie e gruppi sociali sono a tutti gli effetti un valore aggiunto per una comunità e il confronto sulle loro istanze, svolgendosi in modo collegiale all’interno della categoria, si arricchisce di elementi di valutazione e di ponderazione che aiutano a maturare delle idee che trasformano le richieste in proposte da avanzare alle istituzioni o alle controparti chiamate a fare delle scelte. I corpi intermedi della società hanno – o sarebbe meglio dire avevano – proprio questa funzione, ovvero essere quel primo banco dove i problemi trovavano un momento di valutazione che superi la semplice visione individuale – e magari avvolte anche egoistica – per approdare ad un’idea più equilibrata che tenga insieme le ragioni di chi protesta e gli interessi della collettività in un quadro di contesto generale.

La mediazione è la ragione che giustifica l’esistenza della politica e soprattutto l’azione che ne deriva per contemperare e comporre interessi tra loro diversi e talvolta addirittura fortemente contrapposti. In questo senso la mediazione ha un valore politico sia in termini formali che sostanziali; in senso formale è un metodo di confronto per la ricerca di soluzioni largamente condivise, ma in termini sostanziali favorisce la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali.

Nel caso specifico, la scelta di rinviare e ritardare il confronto con gli agricoltori che stanno protestando da qualche settimana va nella direzione opposta rispetto a quella del confronto e della mediazione. Confrontarsi non significa assolutamente condividere – meno che mai assecondare o accettare – le richieste della controparte di turno, ma è un gesto di attenzione e di rispetto verso una sofferenza che viene sottolineata con la protesta in piazza. Molto probabilmente non tutte le istanze degli agricoltori in agitazione sono condivisibili ed accoglibili, ma chi ha una responsabilità di governo non può trattare come premessa ciò che dovrebbe invece essere la conclusione di un confronto con le parti interessate.

La vicenda della protesta agricola sta dimostrando che la crisi di partecipazione e di rappresentatività non risparmia nessun ambito politico o sociale; la protesta dei trattori ha infatti come obiettivo anche le associazioni di categoria più organizzate e blasonate. Anche questa protesta si collega quindi al tema più generale della crisi del sistema di democrazia rappresentativa. Per questo va recuperato in fretta il valore della mediazione politica con la funzione centrale dei corpi intermedi, altrimenti l’eccessiva frammentazione della società metterà in discussione il concetto stesso di comunità organizzata con un aumento incontrollato della conflittualità sociale.