Cresce la voglia di Centro e, al contempo, cresce la frammentazione del Centro. Apparentemente un paradosso ma, in effetti, non lo è. Per la semplice ragione che quando un progetto politico non è sufficientemente chiaro nelle sue finalità rischia di essere esposto al vento della frammentazione e della casualità. Un processo simile a quello che ormai da anni caratterizza l’area del cattolicesimo politico italiano dove il dogma dell’autoreferenzialità e della divisione ha soppiantato quello dell’unità e della stessa responsabilità.
Ora, per non fare di tutta l’erba un fascio, è appena il caso di ricordare che alle ormai prossime elezioni europee il Centro si presenterà ma, purtroppo e quasi sicuramente, in mille prezzi. Il modo migliore non per riaffermare un progetto politico e una prospettiva a lungo termine ma solo per contendersi il fatidico 4%. Quando, invece, del Centro e della “politica di centro” ce n’è bisogno perché non può essere la deriva degli “opposti estremismi” la regola aurea che disciplina il buon funzionamento del sistema politico italiano.
Quando manca l’efficacia e il richiamo di un progetto politico chiaro, trasparente e immediatamente percepibile, è giocoforza che prevalga il virus della divisione e della polverizzazione. Al riguardo, è indubbiamente importante lo sforzo di Emma Bonino di convocare il prossimo 24 febbraio a Roma tutti coloro che si riconoscono nel medesimo gruppo europeo a presentarsi sotto un’unica sigla anche in Italia. È quasi un richiamo al buonsenso prima di qualsiasi valutazione politica o progettuale. Ed è proprio su questo versante che si percepisce il deficit di politica, vale a dire la mancanza di una visione strategica del Centro nella politica italiana. A partire, certamente, anche dalla prossima consultazione europea.
E non può essere la lodevole iniziativa di Bonino a colmare questa carenza e questo vuoto. E, di fronte a questo quadro, è sempre più evidente che l’unico progetto politico da perseguire su questo versante è quello di una nuova e rinnovata Margherita. Non per replicare nostalgicamente il passato ma, al contrario, per riproporre un progetto politico riformista, centrista, liberale e di governo nel nostro paese. Un modello organizzativo e un progetto politico che nel passato sono riusciti a condizionare la visione riformista e di governo nel nostro paese e, al contempo, a rilanciare una proposta che nel tempo è poi stata, purtroppo, sacrificata sull’altare di un crescente e sempre più nefasto “bipolarismo selvaggio”. E oggi abbiamo semplicemente bisogno di un partito plurale, democratico al suo interno, non personale e, soprattutto, autenticamente riformista. Appunto, abbiamo bisogno di una nuova Margherita. E per far decollare questo progetto – seppur in assenza di quei leader e statisti che lanciarono quella proposta all’inizio degli anni duemila – saranno ancora una volta decisivi il pensiero e la cultura del cattolicesimo popolare italiano. Che, storicamente, sono alternativi, esterni ed estranei a qualsiasi deriva leaderistica, populista, demagogica e anti politica. Questo è il progetto, se non l’unico progetto, per rilanciare il Centro e “la politica di centro” senza inseguire slogan sterili o perseguendo sfide autoreferenziali e del tutto divisive.