I cattolici e il riarmo

La sfida per i cattolici in politica consiste nell'intendere il riarmo europeo come strumento di deterrenza, in funzione dell'affermazione di un multilateralismo inclusivo, unica via per assicurare la sicurezza in Europa.

L’attuale dibattito in materia di difesa e sicurezza in Europa è caratterizzato dal riemergere del tema del riarmo. In parte questo avviene, come da tempo avverte Mario Draghi, per il venir meno della certezza che l’Europa possa sempre e comunque contare sullo scudo difensivo americano. E in parte avviene per un fisiologico avanzamento dell’ integrazione europea che induce a discutere di un maggior coordinamento, se non di una vera e propria messa in comune, delle forze armate dei Paesi UE, nella prospettiva di rafforzare il pilastro europeo della Nato. Un impegno riconosciuto anche dalla Nato che nel proprio Concetto Strategico del vertice di Madrid del 2022, definisce l’Unione Europea “un partner unico ed essenziale”.

A questi due fattori che spingono a riconsiderare l’aumento delle spese militari, che in tempi normali verrebbero visti con la dovuta attenzione, senza isterismi e infondati allarmismi, se ne aggiunge un terzo, costituito dal far fronte alla guerra in corso in Europa, sul quale emergono significative differenze di impostazione e di finalità nel dibattito.

Stiamo assistendo a una campagna di stampa internazionale in grande stile, condotta anche dalle principali centrali neocons nel nostro Paese, per inscrivere l’aumento delle spese militari, in sé non necessariamente un male, in una più vasta riconversione bellica dell’economia europea in vista di tempi di guerra che si intendono lunghi e strutturali, ovvero rilegittimando pienamente la guerra come strumento della politica, “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, ripudiato dalla Costituzione. Alla base di una tale impostazione vi sono, a mio parere, alcune discutibili convinzioni. La prima è che in questi ultimi anni non siano maturate alternative a quello che Charles Krauthammer definì nel 1990 il “momento unipolare” americano. E, di conseguenza, ogni oggettivo cambiamento degli equilibri globali, dovuto anche solo al fatto che gli extra-occidentali esistono, si riproducono a ritmi maggiori di quelli occidentali e le loro economie si stanno sviluppando più velocemente del previsto, viene visto più come una minaccia che come un’opportunità.

La seconda convinzione che ormai viene ripetuta insistentemente, è quella che incita l’Ue a sostituirsi agli Stati Uniti nel teatro bellico europeo, nel caso di un disimpegno americano dovuto all’esito delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. E a questo fine viene volto quel riarmo europeo che invece non manca di altre valide giustificazioni. Senza dimenticare, peraltro, che un tale riarmo riguarda anche la Germania, attualmente retta da una coalizione di sinistra, ma con un’estrema destra crescente e sempre meno lontana dalle stanze del potere. E senza dimenticare che un grande (rispetto ai membri UE) Paese come l’Italia, annoverato fra quelli che dovrebbero aumentare la spesa militare, dà ogni anno già un contributo di circa trenta miliardi alla Nato. E senza dimenticare , infine, che la Nato è retta da un organo politico, il.Consiglio del Nord Atlantico che riflette le posizioni dei Paesi membri, cui spetta la determinazione delle strategie. Non si capisce per quale ragione tale organismo dovrebbe necessariamente riflettere gli auspici di determinati circoli privati di potere anziché le indicazioni dei governi democraticamente eletti.

Ora, dovrebbe apparire evidente che una tale interpretazione del tema del riarmo europeo possa suscitare più di una perplessità fra i cattolici italiani, anche alla luce delle posizioni espresse dalla Cei e dal Papa Francesco. Soprattutto la dottrina della guerra espressa dal Pontefice, “un crimine contro l’umanità”, ne delegittima il ricorso disinvolto pur riconoscendo il diritto alla legittima difesa, che è sancito anche dall’articolo 51 dello Statuto dell’ONU.

A mio avviso, a questo livello si pone la sfida per i cattolici impegnati in politica. Mettere bene in chiaro che il ricorso al riarmo (che pure porta sempre con sé un segno di contraddizione alla luce delle molte necessità non soddisfatte dei cittadini) in Europa attiene al rafforzamento della capacità di deterrenza dell’Ue e non costituisce una implicita ammissione di aver scelto l’opzione bellica per la costruzione di un nuovo sistema di sicurezza europeo e globale. Il quale, in ultima analisi dipende, per quel che riguarda l’Ue, dalla capacità di porsi sulla scena globale come uno dei protagonisti, distinto e autonomo. E dalla volontà di riconoscere gli altri attori globali, vecchi e nuovi, come interlocutori con pari dignità. Un salto di qualità molto più necessario del riarmo e di un confronto bellico “decades-long” per ricreare un quadro di stabilità e di sicurezza in Europa.