Dibattito | Abruzzo, analisi del voto: perché il centrosinistra ha fallito?

Troppi personalismi. L’elettorato di centrosinistra è sempre stato scettico rispetto ai fenomeni di leaderismo, preferendo accordare il voto ad una forza politica o ad una coalizione piuttosto che ad una singola persona.

La tornata elettorale regionale si sta rivelando premonitrice e in qualche modo anticipatrice di dinamiche che caratterizzeranno altri appuntamenti politici di valenza nazionale ed europea.

Dopo il successo della Sardegna, il centrosinistra allestito in una formazione più ampia rispetto alla coalizione presentatasi nell’isola, ha segnato una battuta d’arresto non riuscendo a far vincere D’Amico, che pure era e rimane un candidato di tutto rispetto. Il paradosso è proprio quello di aver perso pur giocando la doppia carta di un buon candidato e di una coalizione con un perimetro più ampio.

Ma il paradosso è spiegabile attraverso una interpretazione politica, anziché aritmetica, di quanto avvenuto in Abruzzo. La vicenda abruzzese ci dice, infatti, che per vincere bisogna prima convincere; ci dice inoltre che non è sufficiente sommare delle liste, ma che è necessario avere un approccio più strategico che tattico, facendo in modo che questo appaia come tale anche agli elettori chiamati ad esprimersi.

Detto in altre parole, significa che se si conviene di dar vita ad un’alleanza a sostegno di un candidato-presidente, non ha senso utilizzare il periodo elettorale (finanche alla domenica mattina, ad urne aperte!) per scagliarsi contro la stessa coalizione della quale si fa (o si dovrebbe) far parte, anziché contro gli avversari da battere nelle urne. Se nel centrosinistra i primi a non essere convinti sono gli attori della coalizione, è molto difficile che poi possano esserlo gli elettori. Anche questo spiega parzialmente la scarsa partecipazione al voto, con circa la metà degli aventi diritto che hanno deciso di non esercitare il loro diritto-dovere.

L’eccessiva personalizzazione della politica è certamente alla base di queste altalenanti posizioni di liste e movimenti che non riescono ad esprimere una linea politica, ma soltanto l’umore quotidiano del leader. L’elettorato di centrosinistra è sempre stato scettico rispetto ai fenomeni di leaderismo, preferendo accordare il voto ad una forza politica o ad una coalizione piuttosto che ad una singola persona; per l’elettore di centrosinistra il politico è chiamato a rappresentare le istanze e i bisogni di una comunità organizzata, anziché le intuizioni o i sentimenti di carattere personale. Sono differenze importanti che si collocano a cavallo tra la scienza della politica e quella dell’antropologia. Diversi modi di concepire i rapporti all’interno della società e diverse modalità di declinare il modo di partecipare alla gestione della “res publica”. Differenze che devono ispirare una riflessione sul cosiddetto premierato vagheggiato dalla destra e che diventano la base per un’intesa strategica con la quale presentarsi al paese.