Conte, un artista a tutto campo a…Campo dei Fiori.

La salvezza è nei libri come mattoni di una speranza di riscatto e libertà. Le foto di Francesco Conte sono le finestre dell’edificio che ciascuno dei visitatori della mostra porta appresso.

A Roma, Piazza Campo dei Fiori è uno di quei luoghi che sanno di un esperimento permanente, che dicono di un conflitto costante tra tradizione e tempi moderni. Ci sono i banchi di fiori, frutta e verdura ed ogni altro ben di Dio alimentare che richiamano alla memoria la genuinità di Sora Lella e il film di Mario Bonnard a titolo “Campo dei Fiori”, con protagonisti Anna Magnani e Aldo Fabrizi.  

Passeggiando, subito dopo una sfilza di bar e ristoranti con i camerieri che ti vengono incontro, attaccandoti, risolutamente invitandoti a consumare ai loro tavoli. Una ondata di turisti e di locali che in una certa misura violentano l’immagine di un luogo che farebbe pensare alla intimità di una romanità calpestata ogni giorno da passi stranieri.

In quel traffico di viandanti c’è un avamposto di cultura, la bandiera del Generale Custer a Little Big Horn che resta in piedi fino all’inverosimile. Malgrado la crisi della editoria e delle librerie, Fahrenheit è un posto dove si propone la lettura di libri e nel quale ne è possibile l’acquisto. Non è solo un’attività di vendita ma un’isola di raccoglimento e meditazione, un luogo che ti protegge di colpo dal frastuono esterno per dirti di attivare la testa anche su altri sentieri.

La libreria Fahrenheit è un centro di cultura, resiste al traffico esterno con la stessa fermezza della statua di Giordano Bruno, nella piazza, che non volle rinunciare alle sue idee rimettendoci la pelle. Accade così quando si è troppo avanti nel pensiero. 

Gabriel Fahrenheit inventò la sua scala di misura della temperatura prima di Celsius, oggi più in voga. Per il grado Rankine, Newton, Romer ed altre a seguire c’è stata poca gloria. 

Nel fondo scala Fahrenheit sembra sia segnata la temperatura del sangue di cavallo, forse già intuendo che un giorno un’orda di turisti non solo i nativi americani, si sarebbe avventata dalle parti di una certa libreria, tentando di risucchiarla nel convulso mercato quotidiano.

In questi giorni la nostra libreria ospita una interessante mostra fotografica che propone una interessante serie di scatti disposti lungo gli scaffali di libri a fare da sfondo, che fanno sobbalzare mente e cuore, gareggiando a chi per primo sia chiamato in causa. 

Ne è l’autore Francesco Conte, un’artista che ha l’occhio lungo e breve all’un tempo. Sa staccarsi dall’immediato per precipitarti verso un oltre che certamente arriverà, rimandando ad un altro che ti attende e verso il quale devi imparare a tendere. 

Per l’intanto sa tenerti nel presente con immagini di volti di statue che ammoniscono la memoria su bellezze antiche ancora in “grado” di stupirti. 

Nel cammino dei ritratti che ti rubano gli occhi, in primo piano sono volti di donna di differenti etnie dove le labbra hanno una particolare evidenza. Sono definite, dai contorni esatti, in grado di pronunciare parole risolutive di felicità o di condanna, descrivendo un circuito nel quale perderti perché non potrà mai appartenerti del tutto. 

In particolare, uno scatto di donna africana con le labbra che hanno forza tridimensionale, che sono sul punto di liberarsi dalla carta per venirti incontro e parlarti del mondo. 

Ancora una foto che dice tutto della capacità del fotografo. Nella contemporaneità dell’andare giornaliero, Conte coglie un intenso messaggio di amicizia che ha la pienezza di un proclama all’umanità. Una ragazza guarda l’amica, inconsapevole, con il trasporto di sentimenti che sono di meravigliosa lezione. Se il mestiere è quello di saper cogliere l’attimo, Conte ne ha certamente da spendere.

L’artista sa giocare anche con il chiaroscuro con un ritratto di un volto che emerge tra luci che sembrano di pellicola in negativo. 

Al termine del circuito si resta a riflettere sulle visioni che oscillano in una realtà trasgredita da sogni, ma senza compiacere il visitatore che ammirerà lo stile discreto dell’autore che non smania di mettersi in primo piano. 

Questa volta i ruoli si ribaltano: sono i libri che si abbeverano di immagini, emozionati loro di esserne il sostegno e che vorrebbero sostenerle per giorni ulteriori rispetto alla data prevista della esposizione.

Nel film “Fahrenheit 451” c’è una popolazione completamente inebetita dai media, uno schermo televisivo che ti ipnotizza fino ad annullarti. La salvezza è nei libri come mattoni di costruzione di una speranza di riscatto e libertà. Le foto di Conte sono le finestre di respiro dell’edificio che ciascuno dei visitatori della mostra porta appresso.

Non tutto si può commentare se non il disappunto di uscire dalla libreria con la soddisfazione di un tempo ben speso per rimettersi in una animazione tutta intorno pronta alla cattura. Questa volta, Fahrenheit è la temperatura giusta per un campo diverso.