Le Fondazioni culturali e l’urgenza di una iniziativa politica

L’esempio della Fondazione Donat-Cattin. È importante sviluppare una riflessione di fondo sulla rilettura del magistero politico dei grandi leader e statisti della Democrazia Cristiana, e non solo della Dc.

Su iniziativa della Camera dei Deputati è stato presentato giovedì a Montecitorio l’archivio documentale su Carlo Donat-Cattin dal 1930 al 1991. Una pubblicazione curata da Claudio e Mariapia Donat-Cattin, figli dello statista piemontese, e che contiene, al suo interno, molti contributi su vari aspetti che hanno caratterizzato l’intensa e profonda attività politica, culturale, sociale ed istituzionale dello storico leader della sinistra sociale democristiana.

Ma, al di là di questa interessante e suggestiva iniziativa, credo sia importante sviluppare una riflessione di fondo sulla rilettura del magistero politico dei grandi leader e statisti della Democrazia Cristiana e non solo della Dc. E cioè, le molte iniziative non possono fermarsi alla sola dimensione storica ed intellettuale, peraltro pregevole e degna di nota. E questo per la semplice ragione che se si prosegue su questa linea si consegnano irreversibilmente la cultura, il pensiero, la tradizione e la storia del cattolicesimo democratico, popolare e sociale agli archivi. Cioè si prende atto che questa cultura politica, che non può essere banalmente storicizzata, non ha più diritto di cittadinanza nella politica contemporanea. E questo, del resto, è l’epilogo concreto se le persone, i mondi vitali e i settori della società che continuano a riconoscersi in questo patrimonio culturale si arrendono di fronte a questa interessata e del tutto falsa lettura ed interpretazione.

Per questi motivi si rende sempre più necessaria ed urgente una iniziativa, politica e forse anche organizzativa, che sia in grado di recuperare quella cultura e la testimonianza concreta di quei personaggi che hanno contribuito, con la loro azione, a scandire il cammino della democrazia italiana. Se il lavoro delle varie Fondazioni disseminate in tutta Italia resta importante e decisivo per non far appassire un pensiero che resta di straordinaria modernità ed attualità, spetta ai laici cristiani – come si diceva un tempo – che ritengono altrettanto moderno ed attuale il cattolicesimo democratico, popolare e sociale uscire da un letargo che ormai perdura da troppo tempo. E questo perché è la stessa povertà della politica contemporanea che lo richiede e non solo chi storicamente si riconosce in quella cultura politica. 

Ma, di grazia, verrebbe quasi da chiedersi quali sono le grandi culture politiche che orientano gli attuali soggetti politici. Al netto dei populisti – come il partito di Conte e di Grillo – che rinnegano alla radice qualsiasi riferimento culturale se non quello di criminalizzare tutto ciò che appartiene al passato e che, di conseguenza, praticano

il trasformismo come regole aurea di comportamento, e dei massimalisti e dei sovranisti che individuano nell’estremismo radicale la loro bussola di riferimento, è quasi doveroso che una cultura che ha contribuito, da sempre, ad irrobustire e a rafforzare la qualità della nostra

democrazia adesso esca dalla sola dimensione storiografica e contemplativa.

Ecco perchè, partendo proprio da convegni come quello organizzato alla Camera su Carlo Donat-Cattin e sul filone culturale del cattolicesimo sociale, è arrivato il momento di una precisa, netta e chiara iniziativa politica conseguente. È un compito che tocca innanzitutto a noi, cioè a quei cattolici democratici, popolari e sociali che oggi non hanno un partito di riferimento ma una cultura che può e deve, invece, saper condizionare almeno fortemente un soggetto politico organizzato.