Dai Sacri Sepolcri ai sepolcri imbiancati il passo è breve, ma sembra che Pierferdinando Casini ci abbia preso gusto o, forse, vorrebbe sentirsi a casa sua nel Molise.
Dopo Isernia, il presidente della Repubblica mancato si sposta sulla costa adriatica molisana, a Termoli, per presentare il suo libro “C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano.”
Ma a Termoli, rispetto ad Isernia, oltre a non essere accolto in pompa magna, la sua presenza è avvertita come fastidiosa da una parte non secondaria di persone che sino al 2006 si erano riconosciute nella linea dell’allora suo Partito: quella UDC finita miseramente a livello nazionale nelle mani di Lorenzo Cesa (catapultato nel Molise alle scorse elezioni politiche della Camera dei deputati) e del meno noto montenerese Teresio Di Pietro rispetto al magistrato di mani pulite (o mani sporche?).
Infatti, se ad Isernia il parlamentare eletto nelle fila del PD (per una vita militante e co-fondatore del centrodestra berlusconiano) soltanto qualche settimana fa è stato ricevuto in pompa magna dai vertici Rai regionali, dallo stesso Lorenzo Cesa e da politici ancora in voga gravitanti in quel che resta dell’UDC, sulla costa la sorte del parlamentare piddino suscita malumori crescenti ed avversione aperta per i suoi comportamenti avuti nel non troppo lontano 2006, quando rifiutò addirittura di ricevere una delegazione dell’UDC proprio di Termoli, ossia la più rappresentativa del Molise in termini di forza elettorale ed ideale.
All’epoca il neo saggista motivò la sua decisione con l’esigenza di quel senso di moralità che a suo giudizio era venuta meno nella cittadina molisana a seguito di alcune vicende giudiziarie (finite poi in una bolla di sapone).
Ad innalzare un profondo malumore nei riguardi di Casini è Nicola Felice, che nel 2006 abbandona l’UDC per dedicarsi totalmente a problemi di carattere sociale attraverso la costituzione del Comitato “San Timoteo” (di cui è presidente) per la difesa del nosocomio termolese e della sanità pubblica molisana. Una posizione assunta da Felice proprio per quella idea di moralità pubblica e privata delle quali il neo acquisto piddino non risulta essere certamente un campione.
Vi è poi tutta una storia politica personale che non si può né cancellare, ma neanche ripudiare per fini prettamente elettorali o, peggio ancora, personali legati all’acquisizione di nuovi posti di potere.
Nella vita, soprattutto in quella politica, occorre essere non soltanto seri, ma soprattutto coerenti. Il trasformismo non appartiene a quei democristiani seri dei quali Casini si sente l’ultimo interprete, anzi l’ultimo rappresentante, perché proprio i democristiani seri sono stati i protagonisti delle varie fasi politiche più importanti: Dossetti, Moro, Zaccagnini, Granelli, Galloni, Tina Anselmi, Leopoldo Elia, Martinazzoli. Cioè democristiani che pur militando nello stesso Partito di Casini erano distanti anni luce dal politico bolognese non soltanto per cultura politica, ma anche per comportamenti politici personali.
Piuttosto, in questa nuova veste di saggista, l’ex leader dell’UDC palesa soltanto la sua evanescenza politica: una sorta di solitudine politica e personale che si ostina a voler accettare, ma che avanza giorno dopo giorno come tutte le cose mortali che hanno un principio ed una fine.