Dibattito | Quale sarà l’identità della nuova Dc di Cuffaro?

Il progetto lanciato da Totò Cuffaro difficilmente può rendersi compatibile con l’attuale percorso identitario di Forza Italia, dato che con Tajani esso si caratterizza per un appiattimento sulle politiche di destra.

Tra aspettative e perplessità registriamo la recente intervista di Totò Cuffaro, su “L’identità” del 23 ottobre scorso, dal titolo “Il centro rinascerà attorno a FI e Ppe”.

L’occasione ci consente di chiosare le linee prospettiche e la credibilità di questo progetto politico. C’è da dire che l’impresa di costruire un centro politico che riporti ad equilibrio il sistema dei partiti verso obiettivi meno polarizzati, capaci di attenuare le contrapposizioni e accentuare soluzioni mediate, è diventato un pensiero fisso di tanti partiti.

Persino Giorgia Meloni si trova spesso nei panni di altro da sé, quando, per non mandare all’aria il precario equilibrio di un bilancio sempre più risicato e non trovarsi le bacchettate della Commissione europea, è costretta a far opera di moderazione e di equilibrismo al punto di doversi rimangiare, talvolta con torsioni clamorose, tante di quelle promesse e declamazioni fatte in campagna elettorale.

Ma le condizioni del paese non inducono a politiche fatte di slogan, annunci senza seguito e risposte improvvisate.

Ci vogliono ragionamenti e proposte credibili capaci di suscitare interesse, partecipazione e speranza in tutta quella parte di elettorato che si mostra sempre più nauseato da questo sistema politico.

V’è da dire che non è la prima volta che qualcuno ci prova. Eclatante il tentativo di Renzi e Calenda che hanno provato a riempire questo vuoto politico  con la trovata del terzo polo. La cosa, come è noto, non è andata a buon fine e tutto è finito in pochi mesi in un pietoso bailamme.

Ma questo progetto è senza dubbio suggestivo e accende speranze, ma anche perplessità, perché mette in moto un potenziale politico quale è la Dc che garantisce sulla probabile buona riuscita della messa in campo. Esso presuppone un percorso identitario i cui tratti principali si riconducono alla storia e ai metodi che ne caratterizzarono l’esperienza cinquantennale. 

La sfida non è da poco.

Mettere in campo un’idea di centro moderato e autorevole che risponda alle attese di quella buona parte di elettorato che oggi si trova tagliato fuori da ogni partecipazione politica, vuoi per l’arroccamento dei partiti divenuti sempre più apparati elettorali con poco spazio per la militanza non servente e funzionale al leader di turno, vuoi perché l’offerta politica è talmente polarizzata ed estremizzata che spiazza e disorienta chi ritiene ancora, e giustamente, che la politica debba agire per il bene comune e non per lobby o poteri costituiti, richiede un impegno e un’autorevolezza di progetto capace di superare tutte le diffidenze e recuperare fiducia, invertendo la deriva dell’astensionismo. 

Certo l’avventura si presenta più impegnativa soprattutto se l’intento è di farla insieme a FI, o quel che resta di questo partito, con alla base visioni diverse, sia di paese, che di Europa, e rende più impervio il percorso perché presuppone in prospettiva una svolta da parte del partito di Berlusconi, oggi rappresentato da Tajani: ossia rescindere il patto di coalizione con Meloni e Salvini, cosa che non è facile immaginare quando possa avvenire, tanto appare saldo e inossidabile il legame che sta tenendo uniti i partiti della coalizione di destra-centro. 

Ma la svolta presuppone un ulteriore passaggio epocale per FI, il recupero della piena democrazia interna quale condizione minima per una governance interna credibile, autenticamente legittimata dagli iscritti e non eterodiretta da interessi aziendali.

Cosa non facile perché la peculiare natura del partito di Berlusconi, nato e strutturato, come partito padronale per rappresentare specifici interessi di un capitalismo senza freni e con un particolare focus sulla giustizia, ove non sono stati infrequenti i tentativi di leggi ad personam, anche se talvolta per reazione, alla raffica di processi cui è stato sottoposto ma pur sempre metodo inaccettabile per chi esercita cariche istituzionali, oltre a una idea di sanità sempre più privatizzata, una tendenza alla precarizzazione del lavoro, regolamentato poi da Renzi con il Job Act, e una pallida idea solidarista, rende assai difficile un capovolgimento di visione come si richiede in una simile operazione tesa a riequilibrare il sistema liberandolo da un bipolarismo asfittico e malsano.

Di certo il progetto lanciato da Cuffaro difficilmente allo stato delle cose può rendersi compatibile con l’attuale percorso identitario di FI che con Tajani, condizionato dal netto spostamento dell’asse della coalizione su politiche più polarizzanti, si caratterizza per un appiattimento sulle politiche di destra sempre più estreme e divisive, patrocinate soprattutto da Salvini, mentre il paese affonda tra inflazione, decremento della crescita economica e aumento del debito pubblico.

La prospettiva non si dispone di certo in tempi brevi. Tanto ci autorizza a connotare l’idea di Cuffaro più che come strategia di lungo periodo, come una mossa tattica finalizzata al fatto che essendo FI affiliata al Ppe, è nella posizione privilegiata per offrire i suoi buoni uffici per l’ingresso della nuova Dc tra i popolari europei.

E lo stato delle cose, riguardo alla indubbia collocazione di FI dentro politiche di destra fa presagire in una ipotesi di abbinamento elettorale, risultati non lusinghieri stante la confusione e la perplessità che genera negli elettori la commistione di due simboli associati in un programma moderato e di centro che si rende poco credibile per la sconfessione che quel progetto riceve dalla corresponsabilità alle politiche di destra da parte di FI.

Un bel nodo da sciogliere per il partito che dovrà valutare nella giusta misura il rischio che si corre con alleanze fuori da una comune matrice e le insidie di un trasformismo oggi sempre più pervasivo del sistema politico.

Il problema non è da poco anche perché riflette dinamiche attualissime presenti nel Ppe.

Alludo al particolare fermento nel Ppe provocato dal tentativo del suo presidente Manfred Weber – poi rientrato per la forte avversione di buona parte degli esponenti del Cdu e soprattutto della Csu – di spostare con la prossima legislatura l’asse della governance in direzione di una coalizione che comprendesse Ppe, conservatori e altre formazioni di destra, tra cui immaginabile, Orbán, Morawiecki, premier polacco (uscito sconfitto nelle recenti elezioni di quel paese, che hanno premiato la coalizione di centro allestita da Donald Tusk) Marine Le Pen e il rischio di trovarsi accanto i tedeschi di Afd e altre simili formazioni di estrema destra.

In questo quadro mi pare invece una buona occasione la reunion dell’area del popolarismo in prospettiva di una ricomposizione del centro politico indetta per domenica prossima 29 ottobre, con la partecipazione di diversi esponenti tra cui l’on. B. Fioroni, il Direttore de Il Domani d’Italia, Lucio D’Ubaldo, Totò Cuffaro e Giuseppe Alessi, figlio del compianto On. Alberto Alessi e nipote del primo presidente della Regione Sicilia e fondatore della Dc.

Infine, quanto al coinvolgimento del Ppe nella proposta di Cuffaro, mi pare importante perfezionare il primo passo con la richiesta di adesione, visto che ancora non mi pare che ne facciamo parte: quindi attendiamo che ci accolgano.

Non sono da sottovalutare poi le dinamiche che si stanno agitando in seno al Ppe per la resistente  tentazione, da parte del gruppo che fa capo al presidente Manfred Weber, di facilitare uno spostamento a destra dell’asse, con il rischio di trovarsi vicini di banco nelle istituzioni di governo dell’Ue le formazioni dell’ultra destra dell’Afd tedesca, in forte rimonta in Germania, di M. Le Pen e dello stesso Orbán, fuoruscito dal Ppe, anche se le diverse critiche da parte di altri partner in seno al Ppe al momento hanno fatto ricredere Weber da questo avventuroso progetto.

Luigi Rapisarda è membro della Democrazia cristiana (Segretario nazionale: Totò Cuffaro)