La Democrazia Cristiana non tornerà più, come ovvio e scontato. Per un motivo molto semplice. Perchè la Dc è stata un “prodotto storico”, cioè un partito che va collocato in quella precisa fase politica e storica del nostro paese. E, come ricordava sempre un un grande leader della Dc, Guido Bodrato, “la Dc è come un vetro infrangibile. Quando si rompe va in mille pezzi e non è più ricomponibile”. Una metafora che rende con sufficiente chiarezza che la Dc, il “partito italiano” per eccellenza, non è più replicabile. Nè politicamente nè sotto il profilo organizzativo.
Ma se questa riflessione è un fatto abbastanza scontato, almeno per quasi tutti gli osservatori politici, è altrettanto indubbio che la presenza dei “democristiani” non è affatto esaurita. Anzi. E quando dico i “democristiani” non penso alle singole persone ma, al contrario, al modo d’essere, alle scelte e alle politiche dei “democristiani”. È appena sufficiente ricordare alcuni caposaldi costitutivi di questa cultura per rendersi conto che quella esperienza conserva una straordinaria attualità e modernità anche nella stagione politica contemporanea. Dalla cultura della mediazione alla cifra politica riformista; dalla valenza del pluralismo alla importanza della concertazione; dal rispetto delle istituzioni democratiche alla qualità ed autorevolezza della classe dirigente dirigente; dalla considerazione dell’avversario politico che non è mai un nemico irriducibile alla negazione alla radice di qualsiasi forma di radicalizzazione del conflitto politico. E, dulcis in fundo, la presa d’atto che nel nostro paese, a prescindere dal colore delle coalizioni politiche si governa sempre “al centro” e “dal centro”. Una constatazione, questa, che si può tranquillamente evincere anche dalle scelte concrete del governo Meloni. Al di là delle solenni e roboanti dichiarazioni della campagna elettorale.
E la controprova di queste riflessioni, che adesso non vengono più smentite o rinnegate neanche dagli storici detrattori della Democrazia Cristiana e della sua classe dirigente, sono il gradimento popolare e la profonda condivisione politica di chi non ha mai rinnegato quella storia politica, culturale, istituzionale e di governo. Un nome fra tutti, Pier Ferdinando Casini. E cioè, la considerazione che vengono particolarmente apprezzati lo stile, il metodo, i contenuti e la modalità del far politica di tutti coloro che ricalcano un modello a cui non si può non fare riferimento se si vuole perseguire una politica autenticamente democratica e profondamente rispettosa della Costituzione.
Ecco perchè, al di là e al di fuori delle legittime scelte politiche del momento, è abbastanza evidente che dopo la sbornia populista e antipolitica di questi ultimi anni, dopo l’altalena dei successi elettorali di singoli capi partito e delle altrettanto rapide crisi di consenso, forse è arrivato il momento per ricomporre le svariate anime centriste, popolari, civiche e riformiste del nostro paese. Una iniziativa politica che si rende anche necessaria per consolidare quel “sentiment” politico, culturale e di metodo che non si può improvvisare da parte di coloro che sono e restano estranei se non addirittura alternativi a questa cultura politica e a questa tradizione di pensiero. Una scommessa e una sfida politica che potranno essere la vera novità del futuro dopo il “nulla della politica”, per dirla con Martinazzoli, che ha caratterizzato la vita pubblica del nostro paese in questi ultimi tempi.