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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Dibattito | Roma e il suo genius loci: la visione perduta dello SDO.

Il saggio è stimolante. Se la critica alle scelte compiute negli anni ‘90 fanno capo alla “militanza” in altro campo dell’ex sindaco di Roma, nondimeno rappresentano un contributo di assoluto valore.

La rincorsa alla modernizzazione delle città, secondo le logiche neoilluministe, ha trovato, da qualche tempo, il suo punto di forza e di potere nella proposta del modello smart city e delle opportunità che ad esso si conformano e ne sviluppano le conclusioni nei progetti ambientali, energetici, architettonici, edilizi.

Come emerge dalle ricerche promosse dal professor Silvio Bolognini, tale prevalente indirizzo va assumendo, a mio avviso, un carattere non solo culturaleo meramente funzionale, ma di una vera e propria ideologia che si propone per assiomi che non ammettono alternative.

E’ mia convinzione che lo sviluppo delle città non sia segnato da un determinismo che ne imponga univocamente i caratteri. Sono debitore – per quanto riguarda aspetti fondamentali della visione filosofica e storica, ma che, indirettamente, può applicarsi all’urbanistica – della cultura cattolica che va da Giovanbattista Vico, a Romano Guardini, fino ad Augusto Del Noce, senza trascurare le pagine importanti di Oswald Spengler, Lewis Mumford e Mircea Eliade. Di conseguenza, ritengo che l’uomo, di fronte alla questione dell’abitare, possieda più opzioni e non quelle che la sola tecnica gli offre, con la sua possibile, moderna, deriva totalizzante.

La mia esperienza civica, cioè l’impegno politico, mi ha portato ad occuparmi della città di Roma, della quale colsi, per suggerimento di un mio importante predecessore, la definizione del suo fascino, nella descrizione di Silvio Negro che giunse a scrivere: ”Roma, non basta una vita”. Un fascino che corrisponde al suo essere non solo città, ma anche idea universale.

Avendo presente tali riferimenti culturali, nell’esperienza di Roma, pur nel breve periodo di guida amministrativa, mi trovai difronte al momento attuativo della progettazione del Sistema Direzionale Orientale, affidato ad un consorzio di imprese a guida Italstat, dopo anni di negligente disimpegno o di aperta ostilità da parte delle forze politiche ad esso ostili.

Lo SDO, previsto dal Piano Regolatore Generale del 1965, rappresentava il progetto più qualificante e di modernizzazione della città di Roma, discusso ed elaborato dalla migliore cultura urbanistica intorno alla metà degli anni ’50. Aveva il compito strategico di riorganizzare le funzioni direzionali più elevate, collocandole ad est della Città, in tre poli (Pietralata, Tiburtino, Centocelle) – serviti da un sistema complessivo, infrastrutturale, di viabilità pubblica e privata – connessi con l’Eur, attraverso un sottopasso che correva al di sotto del parco dell’Appia antica. Questo complesso, ideato, con il nome di E 42, progettato dalla metà degli anni ’30 per l’Esposizione Universale di quell’anno, era, poi, divenuto, per opera di Virgilio Testa, il quartiere più moderno di Roma, fornito di qualificanti elementi edilizi e monumentali basati su un segno architettonico moderno e, nel contempo, neoclassico, che riflettevano i caratteri identitari della Città. Il quartiere rappresentava, se pur in parte – in quanto gravitante sul centro attraverso l’asse stradale di via Cristoforo Colombo, che si innestava sulla via dei Fori Imperiali – una alternativa alla tendenza che lo sviluppo della Città spingeva, nel Centro storico, verso la trasformazione delle funzioni residenziali per collocarvi quelle direzionali e i servizi connessi. Con il progetto dello Sdo, comprendente una elevata cubatura complessiva, si sarebbe avviato il decentramento policentrico di Roma, una Città che, al pari di altre località italiane,  avvertiva una soffocante tendenza centripeta e l’ “assedio” di  vasti quartieri dormitorio, alcuni di carattere intensivo, privi di servizi , ai quali si andavano aggiungendo vasti agglomerati non legali, spinti dalla necessità di assorbire la forte immigrazione che si stava verificando a Roma, come altrove,   sin dall’immediato dopoguerra.

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