Con la morte di Silvio Berlusconi il centro della politica italiana vivrà un profondo rivolgimento. L’adesione di Forza Italia al Partito Popolare Europeo, suggerita a suo tempo da Sandro Fontana e da don Gianni Baget Bozzo, fu una mossa di quelle strategiche, tale da assegnare agli Azzurri un ruolo decisivo negli equilibri interni al Ppe.
Non a caso Marcello Pera è intervenuto in questi giorni per sollecitare una scelta della Meloni e di Fratelli d’Italia analoga a quella intrapresa da Berlusconi, proprio nel momento in cui lo stesso Ppe va alla ricerca di un partito forte italiano in sostituzione di Forza Italia, destinata a un’inevitabile erosione, se non drammatica implosione, tra filo meloniani e filo leghisti. Sbaglieremmo, però, come fa Travaglio e il Fatto Quotidiano a ridurre il partito del Cavaliere a un gruppo di potere che, dopo la morte del Capo, non potrà che dividersi tra Fratelli d’Italia e Lega. Ritengo, infatti, che l’essere Forza Italia l’unico partito italiano che si riconosce nel Ppe lasci uno spazio non solo di sopravvivenza, ma anzi di crescita in un nuovo partito “Ppe Italia” che, superando Forza Italia, da molti considerata come partito di gestione troppo personale, raggruppi tutte le forze di centro. Un partito nel quale, finalmente, trovi una sua concreta presenza la componente di matrice cattolico democratica, liberale e cristiano sociale.
Ciò presuppone impegnarsi tutti insieme a superare le nostre divisioni e a costruire la lista unitaria dei democratici cristiani e popolari alle prossime elezioni europee. Elezioni che, grazie alla legge elettorale con preferenze, ci libera dalla necessità di alleanze a destra o a sinistra. È d’altronde evidente che lo sbarramento al 4% imponga l’unità di tutte le diverse anime della nostra articolata area politico culturale, considerando che, da soli, non si va da nessuna parte.
Se, alle europee, le discriminanti dovrebbero essere quelle dell’adesione senza riserve alle scelte euro atlantiche dei padri fondatori e l’appartenenza al Partito Popolare Europeo, alle prossime elezioni regionali e in vista di quelle politiche l’obiettivo sarà quello di costruire un centro ampio e plurale nel quale possano confluire le grandi culture politiche che hanno fondato la repubblica: popolare, liberale, socialista e repubblicana. Un centro alternativo alla destra nazionalista e sovranista, distinto e distante dalla sinistra alla ricerca della propria identità, oggi ridotta alla condizione di “partito radicale di massa”. Alle regionali e alle politiche, dopo la verifica del voto europeo, questo centro ampio e plurale potrebbe rappresentare il rifugio di larga parte di quell’elettorato che da troppo tempo è renitente al voto perché estraneo al bipolarismo forzato; un bipolarismo favorito, in effetti, da una legge elettorale dimostratasi incapace di esprimere l’equilibrio reale degli interessi e dei valori presenti nella società italiana.
Sarebbe da suicidi non cogliere quest’opportunità e lasciare campo aperto all’iniziativa della Meloni e di Fratelli d’Italia, pronta a raccogliere parte importante dell’eredità politica di Forza Italia, e verso la quale molti dei “cattolici della morale” e dell’area più moderata hanno espresso sin qui adesione. Ora è il tempo del coraggio per raccogliere sino in fondo l’appello della lettera spedita nei giorni scorsi da Papa Francesco ai parlamentari del Ppe, con la quale ha richiamato la necessità di rifarsi ai valori dei padri fondatori e ai principi essenziali della dottrina sociale cristiana.