Il convegno si tenne nel piccolo centro delle Marche il 29 settembre del 1969. Doveva affrontare il tema della finanza territoriale in vista della creazione delle Regioni, ma suscitò interesse e clamore per la formulazione di una proposta politica, allegata virtualmente al cosiddetto “Patto di San Ginesio”, tesa a sollecitare l’uscita della Dc dall’immobilismo e a promuovere su basi nuove il rilancio del centro-sinistra.
I protagonisti furono due, Forlani e De Mita, di lì a poco (9 novembre) investiti della responsabilità di guida del partito, l’uno come segretario e l’altro come vice. Ciò avvenne per una rapida consunzione del quadro che aveva visto solo alcuni mesi prima l’ascesa di Flaminio Piccoli al vertice di Piazza del Gesù. Nel frattempo era avvenuta la scissione del Partito socialista e le rivendicazioni sindacali – il 1969 fu l’anno dell’autunno caldo – esigevano forti risposte politiche e di governo.
Si disse che il Patto fosse diretto ad accantonare i due “cavalli di razza” della Dc, vale a dire Moro e Fanfani, ma sostanzialmente mise in difficoltà soprattuto Moro. Il quale, come è noto, reagì con durezza contestando i limiti di un rinnovamento incentrato sul ricambio generazionale.
Il discorso che Forlani tenne a San Ginesio fu riportato il giorno dopo da “Il Popolo” (30 settembre), sia pure soltanto in sintesi e nel contesto di una cronaca, in seconda pagina, sui lavori del convegno. È evidente la stringatezza delle argomentazioni, sebbene possa leggersi tra le righe il senso di un disegno generale. Forlani pone con chiarezza l’esigenza di “modernizzazione” del partito, sottolineando la funzione centrale della iniziativa della Dc. Con questo intervento, raccolto brevemente dall’organo ufficiale di partito e rilanciato fortemente dai principali quotidiani, inizia la stagione di Forlani come leader di partito.
(L. D.)
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L’intervento di Arnaldo Forlani
L’attuazione dell’ordinamento regionale può essere l’occasione decisiva della crisi dello Stato o della sua evoluzione in termini moderni e funzionali. Con la scssione socialista è certo che ricadrà sempre più sulla Dc il compito di fare i conti alla periferia con il Partito comunista in un modo o nell’altro. Di fronte a questa realtà la preoccupazione del segretario politico della Dc ed il suo invito ad uscire dalle incertezze ambigue e dagli assetti provvisori nella vita del nostro partito rispondono ad una diffusa esigenza che deve essere tradotta con energia e con decisione nei fatti.
La Dc deve tornare a comprendere che il compito di una forza politica non è solo quello di dedicarsi allo studio continuo delle formule, ma di trasformare il consenso che raccoglie in fatti, scelte e decisioni. È importante stabilire ed avere chiaro con quali forze certe cose devono essere fatte, come è altrettanto importante la continuità dell’azione che per un partito come il nostro ha uno spazio necessario e obbligato anche quando le formule entrano in crisi.
Per uscire dallo stato di provvisorietà e di incertezza occorre modificare il sistema permettendo alle maggioranze di governare assumendone la responsabilità. Non si può uscire dalla crisi senza una vigorosa iniziativa politica che ricostruisca l’orgoglio e l’efficacia della Dc come forza centrale e sicura dello schieramento democratico. Non si può andare alle Regioni senza che la Dc intraprenda una iniziativa politica nuova, che cominci con lo spezzare le proprie strutture interne fondate sulla cristallizzazione delle correnti. È in esse che alberga ormai in modo più evidente quello spirito di conservazione che sacrifica ogni spinta creativa e rinuncia al rischio che ogni scelta comporta per salvare staticamente e ad ogni costo le varie fette di potere; è qui che ormai si forma la classe dirigente attraverso una selezione che finirà per il suo carattere appunto “conservatore” e chiuso per sbarrare la strada a chi non ispiri la propria azione all’esigenze settarie e spregiudicate del gruppo.
Alcuni di noi hanno fatto il possibile in questi mesi per consentire che attraverso le correnti si articolasse meglio la vita del partito e si garantisse comunque al suo interno la capacità di direzione. Ora però è venuto il momento di operare una profonda trasformazione che deve partire da qui se vuole poi tradursi in un fatto di costume più generale che comprende i modi di far politica, i metodi di direzione, il rapporto con la società e le altre forze. Ad un’iniziativa che partisse concretamente da queste esigenze e fosse accompagnata dall’indicazione chiara di una linea politica non statica ma di sviluppo e rinnovata sulla base di una serie critica delle ragioni che hanno portato all’attuale crisi il centro-sinistra, io sono certo che risponderebbe un consenso largo ed impegnativo capace di rompere gli schemi attuali delle correnti e di costituire la piattaforma adeguata per una coerente e robusta maggioranza.