La politica è in crisi e il marcato astensionismo ne è la prova più evidente: ormai c’è un cinquanta per cento dell’elettorato che non vota, determinando un grave vulnus al nostro sistema democratico. A questo si aggiunge il dato che anche tra i votanti sono pochi quelli che partecipano al dibattito politico.
Un Parlamento di nominati
Gli attuali partiti non costituiscono più quel canale di partecipazione popolare prefigurato dalla nostra Costituzione. La rappresentanza politica è ormai meramente virtuale: i territori non sono più rappresentati in Parlamento e molti deputati e senatori non hanno alcun rapporto con i rispettivi collegi elettorali.
La designazione dei candidati da parte dei leaders dei diversi partiti ha fatto parlare di un Parlamento di “nominati” che non rappresentano né i territori né gruppi di interessi, sono solo numeri destinati a votare secondo le direttive di capigruppo. Questa situazione ha svilito il dibattito parlamentare e lo stesso ruolo del Parlamento.
Il moltiplicarsi di partitini impedisce quel dialogo che poteva svolgersi all’interno di grandi partiti popolari. C’è insomma un vuoto di democrazia, manca un’offerta politica che possa dare all’elettorato concrete possibilità di scelta.
Astensionismo e insufficienza dell’offerta politica
Da più parti, in Italia, si sente proporre l’ipotesi di una ricostituzione di un partito di ispirazione cristiana capace di collocarsi al centro dello schieramento politico. Le ragioni di un tale intento risiedono innanzitutto nella constatazione dell’astensionismo elettorale, che non può non porre il problema di una attuale insufficienza dell’offerta politica.
È probabile che molti elettori si astengano non sapendo a favore di chi poter esprimere né un voto di adesione né un voto di protesta. Il dibattito politico, radicalizzato tra maggioranza e opposizione, si è ormai ridotto a un confronto rissoso, dove i ragionamenti sono sopraffatti dagli slogan e la faziosità delle argomentazioni non consente a tanti potenziali elettori di poter effettuare una scelta consapevole e condivisa.
Coalizioni e ali estreme
C’è da chiedersi se il tendenziale e mai raggiunto bipartitismo, con la consequenziale logica dell’alternanza, possa garantire nel nostro Paese i risultati dei sistemi democratici di matrice britannica.
La tradizione inglese, e sino a qualche anno fa anche quella americana, si basava su un elettorato moderato intermedio che garantiva l’alternanza al governo. Questo sistema assicurava il “congelamento” delle ali estreme, sicché per ottenere il successo elettorale i partiti dovevano intercettare l’elettorato moderato, presentando i candidati più vicini a questo settore intermedio.
Nel nostro Paese, questo utile risultato non si è verificato: le coalizioni di destra e di sinistra determinano una logica inversa. Lungi dal “congelare” le ali estreme, finiscono per esaltarle, perché i partiti al loro interno competono tra loro, con i più moderati che temono di essere scavalcati rispettivamente a destra o a sinistra. In tal modo, le ali estreme, ininfluenti nel sistema inglese, da noi risultano determinanti.
Incide anche il sistema elettorale: la democrazia dell’alternanza di tipo britannico si basa su collegi uninominali dove i candidati più moderati attraggono l’elettorato intermedio. In Italia, invece, tutti i rappresentanti dei partiti della coalizione, quindi anche quelli più estremisti, hanno titolo ad essere proporzionalmente rappresentati.
Un nuovo partito d’ispirazione cristiana
Abbandonata l’ipotesi di un bipartitismo italiano e valutata la carenza di offerta politica delle coalizioni, potrebbe riproporsi la costituzione di un solido partito di ispirazione cristiana. Un soggetto capace di avviare un dibattito interno che rifugga dalle sclerotizzazioni sloganistiche, oggi dominante nella politica.
Anche all’interno dei partiti attuali non sembra esserci un confronto democratico, essendo la nuova logica partitica incentrata su leaders padroni dei rispettivi partiti. Anche le coalizioni non alimentano un dibattito costruttivo: il confronto rimane finalizzato a un immediato vantaggio elettorale più che al miglior governo del Paese.
In questa fase storica è fondamentale affrontare i tanti problemi che emergono in un mondo travagliato con un dibattito costruttivo tra quanti condividono fondamentali valori etici e sociali, dove non contino più destra e sinistra, ma la ricerca di soluzioni ragionevoli.
Si può pensare a una convention di tutti i partiti e movimenti di ispirazione cristiana per giungere a un soggetto politico unitario capace di rivolgersi anche a quell’elettorato che oggi si astiene, disorientato da proposte spesso demagogiche e orientate più a combattere l’avversario che a costruire futuro.
Qui di seguito allego una sintesi delle analisi e delle proposte di un gruppo di lavoro (del quale anch’io faccio parte), coordinato da Mons. Vincenzo Paglia, che è giunto alla conclusione che i problemi della politica italiana non possono più essere affrontati soltanto nella dimensione nazionale: c’è la necessità di impegnarsi a livello europeo, affrontando anche il tema della crisi che attraversa l’Unione Europea.
* Giulio Prosperetti, giudice emerito della Corte costituzionale