Tra le tante sottoscrizioni del Manifesto targato Politica Insieme, Rete Bianca e Costruire Insieme non c’è la mia e quindi nemmeno quella di Solidarietà, anche se ne condividiamo il titolo, ovvero l’obiettivo: la costruzione di un soggetto politico “nuovo” d’ispirazione cristiana e popolare.

Ci si potrebbe chiedere il perché visto che siamo un partito politico di ispirazione cristiana.
Già alla prima lettura del Manifesto la mia attenzione è caduta su questa frase: “nel deserto della natalità cui assistiamo”, deve essere consentito “il diritto reale alla procreazione”.
Considero questa una frase che presenta delle ambiguità, poiché, ammesso e non concesso che la procreazione sia un diritto, si deve precisare che il diritto è reale quando riguarda una cosa (un bene) e questo non è il caso della procreazione; mi sembra di tutta evidenza. L’aggettivo “reale” è pertanto inappropriato.

La procreazione, infatti, è un’aspirazione naturale di ogni coppia formata da uomini e donne. Il primo comma dell’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani recita poi: “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione…” E nell’ambito della famiglia possono essere concepiti dei figli, ma l’avere un figlio non è un diritto della coppia.
Occorre però considerare che con le attuali tecniche di riproduzione quasi tutto è possibile, ma attenzione, in questa società di disvalori, la donna è trattata al pari degli animali con l’uso della inseminazione artificiale (primi fra tutti i bovini). La cura dell’infertilità umana con lo sviluppo della ricerca ha portato alla possibilità della PMA (procreazione medicalmente assistita); in Italia è stata giuridicamente disciplinata con la legge n. 40 del 19 febbraio 2004, che è stata progressivamente distrutta con “sentenze creative” della Cassazione, nella parte con la quale si vietava la fecondazione eterologa. A quest’ultima possibilità si è aggiunta quella della maternità surrogata (utero in affitto), che almeno per il momento in Italia è vietata.

Ecco perché ravviso una pericolosità nella presenza in un Manifesto politico di cattolici dell’espressione “diritto reale alla procreazione”. Il consentire “il diritto” può far pensare ad una apertura politica anche verso la pratica dell’utero in affitto.
È questa la società che noi vogliamo costruire? Io non credo e non lo voglio perché vedo una fortissima questione di etica in questi nostri tempi: da una parte c’è chi sostiene che i neonati di animali non devono essere strappati dalle loro madri (giustissima questione che vede la mia piena adesione), mentre dall’altra vedo quel che avviene ai cuccioli di uomo con la maternità surrogata o in affitto; essi sono forse da meno?

Insoluta la questione etica che sottende la questione del “diritto alla procreazione” ho deciso, e abbiamo deciso di non firmare.