Giulia è solo l’ennesima vittima delle oltre cento che dall’inizio di questo anno sono state uccise per il fatto stesso di essere donne. Uccise in un mondo che sembra quasi voler rispondere all’inevitabile progresso tecnologico con un regresso di tipo sociale e culturale; una barbarie che si concilia più con i tempi della pietra – quando la forza prevaleva sulla ragione – che non con l’epoca della cosiddetta intelligenza artificiale.
È un tragico moto di sopraffazione che parte da un’insana e falsa idea di superiorità che porta un uomo a concepire e realizzare l’uccisione di una donna per la sua diversità rispetto ad un mondo e a dei canoni di vita coniugati ancora prevalentemente al maschile. Il potere, il risultato, il successo e il possesso sono dei sostantivi maschili, ma evidentemente per troppi maschi è ancora una questione che non attiene esclusivamente alla grammatica italiana, mentre invece è proprio dagli uomini che deve partire un’azione di riconversione culturale.
Ma si deve intervenire! Non si può più assistere inermi a questa ignobile mattanza di donne, ripetendo i soliti riti di indignazione e di buone intenzioni. Si devono insegnare, a partire dalle scuole, innanzitutto le regole di convivenza e di rispetto nel rapporto tra uomini e donne, ma prima alle famiglie e poi agli studenti; le famiglie devono essere aiutate perché non sempre sono “attrezzate” per capire, affrontare e gestire situazioni di disagio sociale e psicologico che possono sfociare in gravi episodi di cronaca nera.
Almeno su questo argomento è bene che si mettano da parte le differenze di genere e di colore politico, che si abbandonino le posizioni identitarie per costruire dei luoghi di confronto e di educazione al rispetto di ogni persona umana, con una particolare attenzione alle donne. La strada è una sola. Rispettarsi reciprocamente senza se e senza ma. Sempre e in ogni situazione! Il resto sono chiacchiere, ovvero inutili parole che lasciano il tempo che trovano, che diventano retoriche e stancanti.
Per fortuna nella “categoria” maschile esistono anche uomini degni di questo nome, come il papà di Giulia che pur immerso nel suo indicibile dolore non si è abbandonato a parole di odio, ma ha espresso un pensiero di vicinanza alla famiglia dell’omicida, anch’essa dilaniata da questa tragedia. Gino Cecchettin rivolgendosi alle donne e alle ragazze affinché non sottovalutino, ma anzi denuncino ogni episodio di violenza e di sopraffazione ha detto “l’amore vero non umilia, non picchia, non uccide”. Ecco l’indispensabile premessa per ritrovare un senso di nuova umanità che parta dal riconoscere e rispettare tutte le persone con le quali Dio ci ha chiamato a condividere l’esperienza della vita terrena.
Dolore per Giulia, una morte che esige un cambio di atteggiamento.
Ci troviamo di fronte all’ennesima vittima. Dobbiamo intervenire, non si può più assistere inermi a questa ignobile mattanza di donne, ripetendo i soliti riti di indignazione e di buone intenzioni.