Carlo dovrà saper costruire un messaggio capace di contemperare tradizione e innovazione. La Corona britannica non potrà assumere quei tratti iper-popolari che caratterizzano le case regnanti scandinave o quella olandese, in quanto perderebbe agli occhi dei sudditi quel “tono” che la rende unica al mondo. Liz Truss, invece, dopo la Brexit dovrà affrontare quella che lei stessa ha definito una “tempesta”. Sarà l’insieme combinato di quanto queste due persone sapranno fare nei prossimi mesi che segnerà il futuro della Gran Bretagna.
Lunedì i funerali solenni della amatissima Regina Elisabetta II fermeranno per un’ultima giornata un Paese che da quando la sovrana è deceduta ha inevitabilmente concentrato la propria attenzione intorno al sentimento di dolore e di riconoscenza verso una persona che lo ha rappresentato al meglio per 70 anni. Quando la sterminata folla che farà da corona popolare alle esequie lentamente defluirà da Londra verso i propri luoghi di provenienza e i Capi di Stato arrivati da tutto il mondo torneranno alle loro capitali comincerà davvero il dopo. Un “after” che sarà tutt’altro che facile per il Regno Unito.
Per quei singolari casi della Storia che talvolta si verificano saranno due persone appena insediate nel loro ruolo istituzionale ad affrontarlo in prima linea. Il Re Carlo III e la premier Liz Truss. In modo diverso, per strade ovviamente ben differenti entrambi si stanno preparando da tempo all’esercizio dei nuovi doveri.
Carlo, in realtà, da una vita. Sapendo che il suo sarà un regno di transizione, che però risulterà decisivo per il futuro della Corona. Persona colta e intelligente, gli è ben chiaro che la perenne soap opera dei Windsor ha destato per lustri l’interesse dei tabloid e della pubblica opinione popolare britannica ma non ha distrutto l’istituto monarchico solo perché al vertice di essa stava una personalità eccezionale dedita totalmente alla causa: della nazione, del regno, della famiglia.
Nessuno potrà mai più rappresentare quello che Elisabetta II ha saputo incarnare con tanta capacità, e Carlo ne è pienamente consapevole. Sa però che, con gli opportuni accorgimenti, la Casa Reale potrà ancora costituire un punto di ancoraggio saldo per l’intera Gran Bretagna e anzi solo essa, stante la crisi profonda nelle relazioni interne fra le nazioni del Regno, potrà garantirne l’unità. Un’impresa difficile, ma non impossibile. Elisabetta lascia il trono con una percentuale straordinariamente elevata di cittadini favorevoli alla permanenza della monarchia. Ai quali Carlo ha promesso da subito “di servirvi con lealtà e dedizione come a suo tempo fece mia madre”. Il Re sa che dovrà riuscire a preservare un’eredità enormemente impegnativa che sarà poi il figlio William a dover gestire e proiettare verso il futuro.
Impresa complicata non solo per le difficoltà politiche ma pure per il difficile “dosaggio” fra tradizione e novità che il nuovo Sovrano dovrà calibrare con estrema attenzione. E’ infatti evidente che il reame non potrà più avere quel tono “imperiale” che Elisabetta ha saputo assicurargli pur contaminandolo di cultura pop con grande intelligenza e sagacia, sin dai tempi dei Beatles nominati baronetti. Una dimostrazione di grande capacità nel cogliere lo spirito dei tempi e di saperlo coniugare con un passato facilmente considerabile come vetusto retaggio di un mondo tramontato da tempo. Una lucidità intellettuale e sociologica conservata sino alla fine, se pensiamo al video con James Bond girato per le Olimpiadi del 2012 o al più recente jingle con l’orsetto Paddington. Anche perché associata ad una dedizione assoluta al lavoro rappresentata plasticamente ed eternamente dalla foto che ritrae la Regina ricevere la neo premier, solo due giorni prima del decesso. L’ultima foto.
Carlo dunque dovrà saper costruire un messaggio capace di contemperare tradizione e innovazione. La Corona britannica non potrà assumere quei tratti iper-popolari che caratterizzano le case regnanti scandinave o quella olandese, in quanto perderebbe agli occhi dei sudditi quel “tono” che la rende unica al mondo. Al tempo stesso dovrà riuscire a divenire più “vicina” alla gente comune in un modo assai concreto, nei comportamenti, nella riduzione delle spese, nella drastica eliminazione degli scandali a corte. Tutto quello che riusciva a fare Elisabetta dall’alto della sua personalità così rispettata e riconosciuta, della sua autorevolezza acquisita in decadi di regno, non potrà in nessun modo riuscire a Carlo con le stesse modalità della madre. Egli sarà chiamato al difficile compito fin da subito, dall’alba di martedì quando appunto saranno concluse le esequie della Regina e si riprenderà anche in Gran Bretagna ad affrontare la quotidianità, a gestire i problemi – non soltanto politici – che emergeranno in tutta la loro preoccupante consistenza.
E qui entrerà in gioco l’altra nuova protagonista di questa nuova fase. Pure Liz Truss si è preparata nel tempo al ruolo: nel suo caso certo non per diritto divino bensì attraverso un percorso politico spericolato e spietato, sempre molto deciso e determinato, che ha condotto la ragazza antimonarchica e radicale degli esordi sino al numero 10 di Downing Street cambiando completamente idee e crescendo negli spazi di occupazione del potere, ricoprendo ruoli ministeriali sempre più rilevanti nei gabinetti conservatori di Cameron, May, Johnson avendo in mente l’ambizione, esagerata, di divenire la nuova Thatcher.
Ora però, come per chiunque oggi in Europa giunga al governo, e in Gran Bretagna ancor di più a causa dei problemi ogni giorno più giganteschi provocati da Brexit, Liz Truss dovrà affrontare quella che lei stessa ha definito una “tempesta”: inflazione mai così alta da decenni, caro bollette devastante in un paese con le temperature invernali che si registrano a quelle latitudini, diminuzione dei consumi e del PIL, recessione industriale che produce disoccupazione e scioperi. Il tutto nell’ambito della crisi più generale ora provocata dalla guerra in Ucraina e prima dalla pandemia da Covid-19. E, come se non bastasse, il problema non risolto e forse irrisolvibile del Protocollo per l’Irlanda del Nord. Un effetto-Brexit ampiamente previsto che la stessa Truss riconosceva ai tempi del referendum, essendosi schierata per il Remain. Ma che poi ha rinnegato, essendo prontamente salita sul carro dei vincitori ottenendo in cambio un ministero di gran prestigio nel governo di Boris Johnson.
Sarà l’insieme combinato di quanto queste due persone sapranno fare nei prossimi mesi, al massimo nei prossimi due anni, che segnerà il futuro della Gran Bretagna. Ovvero del Regno (Unito?).