DOPO ZINGARETTI, IL PD CERCA L’UNITÀ INTERNA. Un banco di prova per il gruppo dirigente romano.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo che l’autore, nostro lettore da sempre, ha chiesto di firmare con uno pseudonimo.  

La Direzione del PD di Roma, già convocata a metà giugno e poi rinviata a causa del violento incendio del Tmb di Malagrotta, si svolgerà in un clima sicuramente diverso e potrà avere un significato più importante e più incisivo sulla stato del partito della intera Regione. Nella precedente convocazione era stabilito che si sarebbe dovuto approvare la bozza di Regolamento congressuale, fissando le regole per il tesseramento 2022 e provvedendo, ai sensi dello Statuto, alla istituzione dell’apposita Commissione per il Congresso. Non c’è dubbio che nella prossima riunione, invece, si dovrà tener conto del dibattito apertosi negli ultimi giorni sulla scelta del candidato alla presidenza della Regione. Il nodo è costituito dalle primarie, non registrandosi una convergenza unitaria sulla opportunità di ricorrere a questo strumento di selezione della candidatura.

La storia delle precedenti elezioni del Lazio ci racconta che Il PD riesce ad affermarsi soltanto quando il numero di voti ottenuti nella Capitale supera di 180.000/200.00 unità i voti ottenuti dalla lista concorrente. Solo con un risultato simile il PD riuscirebbe a rimediare alla prevedibile sconfitta elettorale nel resto della Regione ed ottenere, di conseguenza, un risultato finale positivo, come avvenne nel 2018 anche in virtù del carisma e la forza personale dell’uscente Nicola Zingaretti, oggi non facilmente sostituibile.

A maggior ragione, nella prossima primavera tali difficoltà potrebbero assumere dimensioni di maggiore portata in forza dei risultati delle ultime amministrative che hanno visto primeggiare in tutti i capoluoghi di Provincia i candidati sindaco presentati alle forze politiche avversarie e della perdita a breve, con il ritorno alle urne, del Comune di Latina. Alla luce di queste considerazioni, appare in tutta la sua evidenza quanto pesi l’elettorato della Capitale e, di seguito, la funzione del PD di Roma, per altro non al massimo dello spolvero a motivo del suo sostanziale commissariamento da parte della Federazione regionale.

Qui emerge però una contraddizione. La presa di posizione del Segretario Enrico Letta ha notevolmente indebolito la segreteria regionale di Bruno Astorre. L’obiettivo da essa perseguito puntava ad imporre le Primarie come metodo di selezione, immaginano per questa via di ottenere l’affermazione di Daniele Leodori, attualmente Vice Presidente della Giunta Zingaretti, ma soprattutto vicino da sempre allo stesso Astorre. Zingaretti, Gualtieri, Mancini, Bettini…hanno tutti manifestato le loro perplessità rispetto alla linea della segreteria regionale. Anche gli esponenti di Base Riformista, corrente che a livello nazionale fa capo al Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, e guidata a Roma e nel Lazio da Giuseppe Fioroni e Patrizia Prestipino, ha messo verbale il suo dissenso.

Al momento queste forze, raccogliendo in pieno l’appello all’unità (formale e sostanziale) di Enrico Letta, stanno lavorando di comune accordo con l’obbiettivo di pervenire ad una intesa su un nome da presentare come candidato “unitario”, così da evitare il ricorso a Primarie fortemente divisive. Tale impostazione merita di essere condivisa anche dagli uomini e dalle donne che si dovranno impegnare nella ristrutturazione del PD di Roma, occasione fondamentale per restituire alla Capitale –  alla sua classe dirigente – il ruolo centrale che storicamente e politicamente le compete. Il PD che ha portato, con il massimo sforzo di unità, Roberto Gualtieri al Campidoglio è probabilmente l’unico strumento per conservare la Regione Lazio alle forze progressiste di centrosinistra. E la Festa dell’Unità, in programma a Caracalla dal 14 al 31 luglio, dovrà essere la rappresentazione più autentica di questa volontà.