Draghi all’Europa: un ordine globale differente impone l’unità.

Il possibile presidente della Commissione esorta l'Europa a pensarsi come uno dei centri del nuovo ordine post-unipolare. Starne fuori, o rischiare di rimanere succubi di qualche altra potenza, avrebbe conseguenze indesiderabili.

In occasione della consegna, avvenuta l’altro ieri di un nuovo, prestigioso riconoscimento internazionale, conferitogli dall’American Academy in Berlin a New York, Mario Draghi ha pronunciato poche ma incisive parole sulle sfide che attendono l’Europa, che non mancheranno di far discutere decisori europei, in particolare quelli tedeschi, e i piani alti del potere americano.

“Il numero e l’importanza dei cambiamenti che l’Europa deve intraprendere per preservare la sua prosperità e la sua indipendenza – ha detto l’ex presidente della Bce – sono senza precedenti nella storia dell’Unione”. Come senza precedenti, almeno negli ultimi cinque secoli, è il ruolo che l’Occidente dovrà esercitare in mondo ormai divenuto multilaterale, iniziando a pensarsi come uno dei protagonisti e non più l’unico egemone.

Ma per Draghi esiste una bussola sicura nell’affrontare una simile epocale svolta geopolitica: “Nonostante l’incertezza che avvolge i prossimi mesi noi europei non perderemo di vista che il nostro futuro è costruito sulla nostra unità e che nello scegliere gli amici di questo viaggio verso un ordine differente, c’è un’àncora stabile che sono i nostri valori e la nostra fede nella democrazia, nella libertà e nell’indipendenza”.

L’obiettivo per l’Europa, cercando di recuperare il tempo perduto, è innanzitutto quello di iniziare a pensarsi come uno dei vari centri a livello globale entro cui si articoleranno gli equilibri del nuovo mondo post-unipolare. Starne fuori, o rischiare di rimanere succubi di qualche altra potenza, avrebbe conseguenze indesiderabili. Da qui il richiamo all’indipendenza che si ottiene in concreto solo se l’Europa saprà dare prova di una maggiore unità.

Draghi ha quindi fatto un riepilogo delle condizioni che consentono all’Europa di essere all’altezza delle sfide. Innanzitutto una “politica estera che affronti le vulnerabilità con un’unica strategia, sia rimuovendo internamente le barriere che limitano il nostro potenziale sia garantendo esternamente le risorse a cui nessun Paese europeo può accedere da solo”. E in questa luce risalta il fatto che nel XXI secolo il rapporto con l’Africa, che vede ormai l’Italia capofila europea, è diventato indispensabile per l’Europa, mentre non lo è più il rapporto dell’Africa con l’Europa occidentale, avendo trovato l’Africa altri partner strategici nel mondo per il proprio sviluppo.

Con il “nuovo mondo” sempre più frammentato, ha ricordato l’ex premier, “l’Europa è divenuta strategicamente ed economicamente più vulnerabile. In un mondo in cui l’economia è sempre più usata come arma geopolitica, l’apertura dell’Europa è divenuta una vulnerabilità strategica. Ci troviamo ad affrontare minacce fisiche, che non abbiamo la capacità militare e la sicurezza per contrastare”. Per questo – ha osservato Draghi – l’Europa deve “aumentare la nostra capacità di difesa riducendo la costosa frammentazione della spesa europea”.

Si può dire quindi che Draghi ha usato l’occasione di parlare a influenti ambienti del potere americano “realista” (tra i fondatori dell’istituzione promotrice dell’evento per il suo 25° anniversario figura Henry Kissinger) e del potere tedesco, culturalmente restio all’unione di bilancio europea, ribadendo le priorità per un percorso che porti l’Europa a stare a galla e avanzare anziché affondare nell’irrilevanza, nel cambiamento dell’ordine mondiale in corso. L’autorevolezza delle sue opinioni rende Mario Draghi una riserva per l’Europa, una figura decisamente sui generis, capace di intercettare le preoccupazioni, diverse e talora confliggenti delle due sponde dell’Atlantico, e nel contempo di rassicurare le diverse posizioni presenti in Europa, soprattutto quelle fra il Nord e il Mediterraneo.

Nella prospettiva di un voto europeo che probabilmente non sarà in grado di dare un chiaro responso politico, la figura di Mario Draghi potrebbe divenire quella capace di registrare la maggiore convergenza dei governi dei 27 per il ruolo di presidente della Commissione Europea. Un’ipotesi che, a mio avviso, non va vista solo come un segnale di debolezza per la politica ma, data la situazione straordinaria del tempo attuale, come un’occasione per una nuova ripartenza dell’Europa con quel cambio di mentalità che è richiesto dal cambiamento d’epoca in corso.