E se nel collegio dì Roma I Berlusconi decidesse dì lanciare la sfida nel segno della sua candidatura al Quirinale?

 

Una campagna elettorale smorta potrebbe dì colpo infiammarsi, con esiti imprevedibili. Un’ipotesi assurda, la trasformazione della battaglia in un referendum per il Quirinale? Forse, sebbene al Cavaliere non dispiaccia il colpo dì teatro.

 

Cristian Coriolano

 

Non molta attenzione è stata finora prestata alla imminente prova elettorale nel collegio di Roma 1, proprio nel cuore della città, per assegnare il seggio lasciato vacante dal sindaco Gualtieri. Lo notava ieri “Il Foglio” in un articolo (“Voto fantasma”) dal tono sconsolato e polemico per l’inconsistenza del confronto politico tra i candidati in lizza: Cecilia D’Elia (Partito democratico), Simonetta Matone (centro-destra), Valerio Casini (Renzi-Calenda). Non per colpa loro, a dire il vero, perché la deprecata sottomissione della politica alla logica della teatralità, per la quale il leaderismo costituisce al tempo stesso la premessa e l’epilogo, finisce per mettere in crisi lo sviluppo sul territorio di una dialettica autentica tra i partiti, ovvero tra chi ne incarna localmente le sorti.

 

L’analisi del giornale, benché stringata, colpisce nel segno perché “quella che doveva essere una campagna in grande […] è a dir poco sommersa e  schiacciata dalle notizie pandemiche e da quelle pre-quirinalizie”. Per “Il Foglio” sono dunque elezioni che “rischiano di trasformarsi in formalità burocratica […] E pensare  che poco meno di un mese fa su Roma 1 si consumava apparentemente (solo apparentemente) una sorta di battaglia epocale tra populismo e antipopulismo […] il tutto come canovaccio di prossime future lotte (prima il Quirinale, poi le Politiche)”. In effetti, lo scarto è macroscopico e nasconde a mala pena l’incombere di un astensionismo a livello record.

 

Viene da chiedersi, tuttavia, se questo scenario sia destinato a restare immobile, ovvero se non vi sia all’orizzonte l’eventualità del classico colpo di scena, per il quale improvvisamente si scombina il quadro vecchio e se ne apre uno nuovo, anche in maniera clamorosa. Impossibile? Fino a un certo punto. Non sarebbe certo implausibile che un Berlusconi determinato a forzare la mano a ridosso della partita del Quirinale possa chiedere alla candidata di centrodestra, la schiva Matone, di lanciare lo slogan in grado di rompere ogni indugio sulla questione del Quirinale: insomma…Berlusconi for President.

 

Ebbene, si tratta di un collegio che vede la prevalenza del centrosinistra, ma si dà il caso che il centrosinistra ipotizzato sulla carta  – da Conte a Calenda, passando per Letta e Renzi – si presenti invece diviso, con due distinte candidature, senza che nemmeno abbia una delle due, vale a dire quella del Pd, il sostegno esplicito del M5S. Per questo una mobilitazione dell’elettorato che pure conserva un certo legame, anche emotivo, con Berlusconi potrebbe risultare particolarmente insidiosa. E un risultato a sorpresa, in questa prefigurazione astratta e tuttavia realistica, avrebbe un effetto dirompente sulla successiva partita che i Grandi elettori dovranno affrontare. Tanto vale pensarci.