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Elly Schlein cambia il profilo del Partito democratico

La nuova segreteria è lo specchio dell’identità del Pd a guida Schlein. I popolari non possono che osservare criticamente questa “evoluzione” libertaria e massimalista del partito. E guardare oltre…

Finalmente la neo segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha presentato la sua squadra di ‘governo’ del partito. Una squadra giovane, anche esterna al partito, preparata e che sicuramente è caratterizzata da una voglia di fare e da una grande passione ideale. Detto questo, però, è sul versante politico e culturale che si può e si deve valutare la qualità e la consistenza di un gruppo dirigente. Anche se, come ovvio e scontato, sarà la concreta iniziativa politica che darà la risposta a questa domanda. Ma, come da copione, il neo gruppo dirigente del Partito democratico non poteva non rispondere al profilo netto, trasparente ed inequivocabile impresso dalla Schlein sin dall’inizio della sua segreteria. E quindi un partito con una chiara e netta identità: radicale e libertaria sotto il versante valoriale e culturale ed estremista e massimalista su quello politico e progettuale. Nulla a che vedere, quindi, con la prima esperienza del Partito democratico che vedeva nella convergenza tra la cultura cattolico popolare e sociale con la tradizione post comunista, socialista e liberal democratica la ragion d’essere di quel progetto politico, culturale e di governo. Oggi, anche per lo scorrere del tempo e il naturale e fisiologico cambiamento delle stagioni storiche, il quadro politico è radicalmente cambiato e, di conseguenza, ne risente anche il profilo e l’identità del nuovo Partito democratico. E, per tornare alla squadra di governo del partito annunciata dalla segretaria Schlein, riflette appunto il cambiamento profondo della sua identità post primarie.

Certo, e senza alcuna polemica pretestuosa o pregiudiziale, di fronte a queste nomine – peraltro scontate e anche coerenti con il nuovo profilo del partito – sarà sempre più curioso ascoltare le motivazioni politico e culturali che spingono i cattolici popolari rimasti in quel partito a cercare le ragioni della profonda convergenza ideale con il “nuovo corso” interpretato dalla Schlein e dal suo gruppo dirigente. Dal ‘cattolico professionista’ Delrio a tutti coloro che avevano solennemente annunciato che senza un “cambiamento profondo” del modo d’essere del partito era a rischio la stessa presenza degli ex popolari all’interno del Pd. Ora, dopo la composizione della segreteria del partito e la radicale assenza, com’era del resto facilmente prevedibile, di esponenti riconducibili all’esperienza cattolico popolare e sociale, occorrerà trovare altre motivazioni che spiegano le ragioni profonde dell’adesione al progetto politico e culturale della Schlein.

E, alla luce anche di queste peraltro scontate considerazioni, si rende sempre più necessaria la costruzione di un soggetto politico dove la presenza culturale, ideale e squisitamente politica dei cattolici popolari e sociali sia incisiva, visibile e determinante. E questo spazio politico non può che essere “al centro” e per un “centro dinamico, riformista, democratico, di governo e plurale”. Con il rispetto dovuto, come ovvio, per tutti quei cattolici popolari che vengono ‘gentilmente ospitati” in partiti che ormai hanno un’altra ragione sociale, un’altra identità culturale e un’altra prospettiva politica.

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