Europa, elezioni tra astio e astensionismo.

È facile piangere lacrime di coccodrillo per la scarsa partecipazione alle urne. Un consiglio? Si faccia la fatica di scegliere nei partiti, malgrado i partiti e oltre i partiti, i candidati di qualità.

A poche ore dal voto, non si leggono particolari entusiasmi per andare al seggio per scegliere i nostri rappresentanti al Parlamento europeo. Gli scontenti potrebbero dire che ancora una volta la politica ha mancato una occasione per riguadagnare consensi. 

I fiduciosi, al contrario, hanno registrato motivi di interesse nella proposta di questo o quel partito politico. Quanto ai primi, da molte stagioni si assiste al solito ritornello che racconta una significativa percentuale di astensione a causa di quelli che non si riconoscono in nessun progetto rivolto al loro indirizzo e che si chiamano fuori dalla partecipazione al voto. 

Il giorno seguente i Partiti faranno il mea culpa ma nulla cambierà rispetto al passato. Ogni potere, di maggioranza e di opposizione, ha per intrinseca natura, come primo obiettivo, quello intanto di auto conservarsi. Se questo presupposto è fondato, ci sarebbe da fare un ragionamento senza pregiudizi e che può tornare utile per orientarsi meno istintivamente il giorno delle votazioni. 

Se ipotizzassimo nel numero dei 100 la totalità degli elettori, è del tutto evidente che per ottenere la maggioranza occorrerebbero 51 consensi. Se la metà dei 100 si astenesse, la maggioranza sarebbe raggiunta a quota 26. È ovvio che per ogni potere sia più agevole e ci sia maggiore convenienza a convincere della bontà delle sue azioni 26 elettori piuttosto che 51, per governarne poi comunque complessivamente 100. 

Ciò senza considerare che, all’interno di una composizione di forze politiche di maggioranza, il Partito più robusto è quello che con 14 voti correrebbe il rischio di condizionare più significativamente la vita di 100 elettori. 

Questo modesto esercizio matematico potrebbe indurre ogni “perplesso” a muoversi in senso contrario a quanto suggerirebbe un eventuale istintivo sentimento di mancata appartenenza alla politica d’oggi. 

Il potere, qualunque esso sia, piange lacrime di coccodrillo per la scarsa partecipazione alle urne ma in realtà è un fatto che torna comodo. Si faccia, allora, la fatica di scegliere nei partiti, malgrado i partiti e oltre i partiti, i candidati di qualità che possano meglio rappresentare il decoro dell’Italia in Europa. Scegliere l’Aventino e disertare i seggi elettorali, oltre ad essere troppo comodo e troppo facile, è anche improduttivo, se non autolesionistico. 

I contestatori obietteranno che andare al voto e non al mare può suonare di legittimazione ad una politica invece deludente, così dimenticandosi che al Potere è indifferente il riconoscimento delle masse. 

Mettere sotto braccio astio e astensione potrebbe non essere cosa proficua. “D’astio dentro il fellon tutto si rode” diceva il Tasso. Si corre il rischio di passare dalla parte sbagliata della barricata e farsi ancor più male.   

Sotto traccia, inutile negarselo, anche la pigrizia di scegliere, tra i tanti, un candidato che meriti sostegno e considerazione e che non mancherà, se pure costituisse un’eccezione. 

È questa una fatica comunque da affrontare, rifuggendo da sentimenti di sdegno o peggio ancora di noncuranza. Non si può fare di ogni erba uno sfascio. Torna inesorabile, piaccia o no, la regola per cui i difetti della politica non si correggono disertandola.