L’8 marzo manifestanti dell’Associazione “Non una di meno” hanno mostrato uno stendardo raffigurante la Madonna che ha tra le mani, anziché il Sacro Cuore di Gesù, una pillola abortiva con sotto la scritta “aborto libero”.
Per non farsi mancare nulla, alcune di esse hanno anche marciato seni al vento forse perché è in quelle carni che hanno un miglior radar per orientare il cammino. Sarà perché il miglior senno a conforto delle battaglie per l’emancipazione della donna è per alcune di esse nel loro busto e non altrove.
Hanno sfilato giustamente protestando contro le barriere frapposte alla loro tutela e libertà. Con quelle modalità espressive hanno anche sfilato la speranza che possano legittimarsi come un riferimento a cui ispirarsi per quanto ancora da fare a vantaggio del pianeta donna.
Hanno proteso lo scandalo consapevolmente o inconsapevolmente, non si saprebbe dire se meglio o peggio, in un caso o nell’altro. Forse chi ha partorito quell’idea ha bisogno di una protesi intellettive che ne sostenga di migliori.
Hanno attestato pubblicamente anche la smania di andare fuori margine, testimoni di come non si abbia avuto testa nel programmare slogan ed altre rappresentazioni a corredo del corteo. O peggio si sia posta la testa sul cippo dell’inaudito, condannandosi all’ascolto ed al pari dissenso.
Dunque, hanno ostentato uno stendardo osceno e ci sarebbe da stendere un velo pietoso su un fatto che invece non va sottaciuto o passivamente tollerato.
C’è un mondo di rattristati che rifiutano di stare al passo con queste imprese e che stanno vivendo un momento di dolorosa passione che non ha nulla a che vedere con sentimenti di istintivo entusiasmo.
Nell’occasione quelle donne non sembra si siano munite di pillole di saggezza per come condursi, forse sapendo della dormienza della giustizia su questi episodi. Sarebbe interessante uno studio statistico di condanne e assoluzioni su temi del vilipendio della religione. Talvolta la scure della legge cade in uno stato di singolare dormizione.
Non sono però soltanto certe femministe a tirar fuori dal cilindro il “sacro” per far parlare di loro e mettersi in mostra od anche alla berlina. Anche la politica utilizza talvolta spiritualità e religione per una più efficace comunicazione della propria identità.
Salvini ha baciato il rosario nel corso di una assemblea commentando come la Madonna “ci porterà alla vittoria”. Per intenderci: siamo all’opposto della blasfemia e davanti ad un auspicio ed a una confessione di fede che non ha nulla di insulto.
Si potrebbe comunque discutere sull’opportunità del gesto. La fede, più che renderla pubblica in un meeting di partito, sarebbe forse preferibile viverla intimamente, testimoniarla con la sobrietà di uno stile che non ha bisogno di mettersi in bella vista.
La fede cristiana non andrebbe esibita e non dovrebbe fare audiance. Serve piuttosto a cambiare in meglio il cuore degli uomini, che devono perennemente rammentare come la vittoria vera sia la conquista del Paradiso e non altro.
Rubio, il Segretario di Stato USA, il giorno di Mercoledì delle Ceneri si è di recente impresso sulla fronte una croce nel corso di una intervista a Fox TV. Può darsi che sia stata una “furbata” per attrarre il plauso del mondo cattolico o il sincero desiderio di rappresentare il proprio stato d’animo in quel giorno speciale.
In ogni caso ci si aspetterebbe poi coerenza di comportamenti ed una cultura di accoglimento e di comprensione del prossimo, una pratica che non è parsa all’opera nel tumultuoso incontro con Zelensky alla Casa Bianca.
“Dio è con noi” corre il rischio, pur non volendo, di richiamare passate adozioni da evitare in ogni modo. “Diamo a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio” è la lezione per tutti da tenere a mente, senza rischiare di confondere i piani. Imparare dalla storia e, ad esempio, dalla Democrazia Cristiana per sapere come si fa.