Mentre l’emergenza sanitaria accresce la paura, scuotendo le deboli infrastrutture morali del Paese, stenta a manifestarsi un’autentica, indispensabile politica di coesione nazionale. 

Prevale infatti l’improvvisazione. L’idea di misurare il consenso con l’approntamento di azioni “a chilometro zero” non convince affatto e per di più non rassicura sulla tutela complessiva degli italiani. Questa vicenda del coronavirus segnala, ove c’è ne fosse stato bisogno, che un modello di sanità a dominante regionale rappresenta nei passaggi critici un problema molto serio. 

Per giunta è l’atteggiamento delle opposizioni, che non dovrebbe mai scadere nella irresponsabilità, a suscitare dubbi e apprensione. L’allarme provocato dal contagio esigerebbe uno sforzo di collaborazione ad ogni livello, rinviando ad altra fase la verifica delle ragioni che dividono maggioranza e minoranza. Invece da Salvini e Meloni vengono parole di esplicita o implicita condanna nei riguardi dell’operato del governo. Sembra di assistere alle manifestazioni di tifo in uno stadio a rischio.

Si scopre così, nel momento più difficile, che la condotta delle diverse autorità è di tipo difensivo. Ognuno sceglie la via più semplice, anche se porta a guai maggiori. È uno stillicidio di decisioni prese con l’unico timore di non essere incastrati, essendo ormai diffusa una psicosi più leggera ma più radicata di quella in atto sul fronte sanitario, causa ed effetto della grande giostra populista che ha investito la nazione: la psicosi del fare tutto il possibile per evitare contraccolpi sul piano delle responsabilità amministrative e penali, e farlo con l’unico obiettivo, evidentemente, di tutelare se stessi.

L’Italia è ferma. Tuttavia, dinanzi alle difficoltà non ci può fermare, anzi si deve contrattaccare con tutta l’energia possibile e con assoluta determinazione. Occorre che il Paese riscopra l’importanza del comune sentire e soprattutto del comune operare nell’interesse generale. Una tregua morale, prima che politica, s’impone in questa fase eccezionale. Spetta al governo mettere in chiaro che esiste un dovere supremo, di cui esso è garante per sé e per tutti, che ruota attorno alla salvaguardia del “bene comune”.

È tempo di fermezza e decisione.