Florian, barbone testardo e nuovo martire: Testaccio  gli può rendere onore?

Florian ha scelto una piazza di Testaccio per eleggere a sua dimora una panchina. La gente lo aveva voluto al riparo, ma non ha resistito. È tornato all’aperto, lasciandoci questa volta le penne. Certo, sarebbe bello se si facesse della sua panchina un monumento…

Mons Testaceum era il monte dei cocci alto più o meno una quarantina di metri composto dall’ammasso, si stima, di 25 milioni di anfore olearie che contenevano grano e altre merci sbarcate dal porto dell’Emporio sul Tevere. Erano ricoperte di calce per inibire i miasmi dovuti alla decomposizione del residui organici e ammucchiate in buon ordine per garantirne la stabilità.

Sarà per questo che Florian, troppo facilmente bollato nella schiera dei rottami d’uomini, mesi fa ha scelto una piazza del Testaccio, un quartiere che origina dagli scarti, per adottare una panchina da eleggere a sua dimora. Florian non è solo un barbone ma un senza tetto, uno di quelli che non sopporta pareti a inibire il suo sguardo sul mondo. 

Non tutti i santi sono dei martiri. San Florian appartiene alla seconda schiera, di quelli che hanno versato sangue a causa della fede professata. Da soldato romano decise di convertirsi al cristianesimo. Saputo della prossima esecuzione di quaranta cristiani, durante la persecuzione di Diocleziano, decise di condividerne il destino. Fu arrestato, torturato e annegato nel fiume Enns con una pietra al collo. Siamo dalle parti di Lorch, nel land dell’Assia in Germania. Si dice che, grazie ad un suo miracolo, estinse un incendio con una sola brocca d’acqua; per cui oggi è frequente trovare scritte, sulla soglia di ingresso delle abitazioni, con l’invocazione al suo nome di proteggere la casa da ogni calamità. 

Florian, il nostro senza tetto, ha accettato di prendere il testimone che nel segreto deve avergli passato il Santo. Si è messo a vigilare e prendere cura di Piazza Santa Maria Liberatrice. Lì, infatti, la sua panchina è diventata un riferimento di accoglienza e di scambio di amicizia nella zona, proprio di fianco ad un parco giochi di bimbi. Assai meglio del più celebre Caffè Florian a Venezia che da 1700 in poi, nel corso della sua storia, può vantare tra i suoi avventori, nobiluomini, ambasciatori e artisti di ogni sorta.

Florian non è stato scartato da nessuno e ha adottato, a sua volta, la gente che gli ha usato premure e che lo ha pregato, almeno durante i giorni del gelo, di accettare un ricovero che si è reso disponibile. Non ha resistito più di una settimana nel chiuso di quattro mura, malgrado le attenzioni delle istituzioni e delle associazioni che si sono preoccupate e prodigate per lui.

Florian ha mostrato di avere la testa più dura degli abitanti del quartiere, i “testaccini”, ed è tornato nella sua piazza, liberatrice da tutto quanto possa opprimergli lo sguardo ed ancor più frapporsi alla parola con i suoi abitanti. Da esperto barbone l’ha fatta in barba a tutti. È tornato sulla sua panchina, lasciandoci questa volta le penne. Sarebbe bello se si facesse di quella panchina un monumento, se a Florian si dedicasse una statua che mostrasse la sua posa, seduto mentre parla con il circondario che gli transita dinanzi e che va a trovarlo. Fino ad oggi nessun “senza tetto” ha mai avuto dedicata un’effige, una targa o una statua in suo onore. Sarebbe ora per questo primo passo. Una cerimonia con tutti i suoi amici a salutarlo, zeppa anche di tanti altri come lui sparsi nella città. Sarebbe un miracolo. Chissà che san Florian…